"We pigeons became phoenix with open mind to open yours..."

Anno 2001 di nostro Signore: il rap è in una fase di stallo, pseudo-mc ingioiellati riempiono sempre di più gli schermi televisivi, nauseando tutti i veri fanatici del genere, che ormai vedono sempre più vicina la fine di tutto. E quando meno te lo aspetti, ecco che arriva il miracolo: El-P, ex-leader e cervello dei Company Flow, crea la propria etichetta, la chiama Def Jux per provocazione, nome che riecheggia l'ormai decrepita e insignificante Def Jam, e comincia a pubblicare artisti di tutto rispetto, che risplendono nel buio che li circonda. Come i Cannibal Ox, al secolo Vast Aire e Vordul, due mc di Harlem che, con il loro stile visionario e unico, si erano già imposti nel sottosuolo newyorkese (è nota, infatti, la militanza di Vast Aire nella Atoms Family), senza, però, mai emergere totalmente.

Finchè, nel 2001, esce "The Cold Vein". 14 pezzi più una bonus track, tutte prodotte dal genio di El-P, che sembrano provenire da un altro pianeta, da una dimensione parallela esplorata solo dai nostri, un disco terribilmente "avanti" rispetto a tutto ciò sia mai uscito prima nella (breve) storia del rap. Si va avanti, così, tra sonorità fantascientifiche e spaziali alla Blade Runner, che si fondono alla perfezioni con le rime dei nostri, più tecniche quelle di Vordul, più concettuali e visionarie quelle di Vast Aire, e che, con il proseguire dell'ascolto, ci regalano pezzi strepitosi come l'angelica "Iron Galaxy", la cupa e angosciante "Raspberry Fields", l'elettronicissima "Vein" (forse la migliore produzione di sempre di El-P), le più "classiche" "Stress Rap" e "Painkillers", fino ai veri capolavori dell'album, che troviamo verso la fine: "Real Earth", dove un beat spigoloso e memorabile accompagna Vast Aire e i suoi deliri intellettual-futuristici ("I'm like Moses with a staff that parts the Red Sea, but it's a new day, so I use the mic to depart emcees...), "Pigeon", un pezzo dagli echi quasi indie-rock (con chitarra distorta in primo piano), in cui i nostri utilizzano la metafora della colomba per indicare l'uomo di ogni giorno (e magari anche il rap e la musica di ogni giorno, con la sua mediocrità), e infine la traccia bonus "Scream Phoenix", una sorta di "Pigeon Pt.2", in cui la colomba diviene fenice per la rinascita e l'elevazione finale, tema peraltro molto frequente nella musica nera.

"The Cold Vein", insomma, è un disco epocale, un capolavoro assoluto, una sorta di "What's Goin' On" dei giorni nostri, e senza dubbio uno dei massimi vertici toccati in tutta la storia della black music. Non averlo è semplicemente un reato, è un lavoro fondamentale per l'evoluzione del rap tanto quanto i dischi dei Velvet Underground e dei Pink Floyd per quella del rock, un vortice di immagini e sensazioni difficilmente descrivibile, un sogno ad occhi aperti che vi lascerà cambiati dentro, e dal quale difficilmente resterete delusi.

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