Sulla scia di "Jazz Samba" di Getz & Byrd, giunge il momento di parlare di "Cannonball's Bossa Nova". Secondo me un disco molto sottovalutato, il quale offre delle riflessioni piuttosto interessanti.

Siamo nel Dicembre del '62, agli sgoccioli di quel '62 che passarà alla storia come l'anno del boom della Bossa Nova; così, se Creed Taylor puntò senza esitare sul suo cavallo, ovvero Getz, sicuramente Orrin Keepnews, una delle vecchie volpi più in vista in fatto di produzioni Jazz, puntò sul suo pupillo Cannonball Adderley. Quel Dicembre, New York avrebbe ospitato le tre sessioni di registrazione dalle quali sarebbe uscito "Cannonball's Bossa Nova". Questo disco è stato per me uno dei migliori esempi da cui ho tratto l'insegnamento che recita: "in musica le pause sono più importanti delle note". Non ricordo chi pronunciò questa frase, ma da questo piccolo dettaglio tecnico si intuisce, in modo inequivocabile, la padronanza di linguaggio che aveva Adderley attraverso il suo Contralto. Come parlare con la voce. Stesso discorso: è molto bello sentire parlare qualcuno che calibra bene le parole, che fa le pause giuste ai fini di dare il tono e le sfumature giuste al discorso. Con questo mi viene da fare un parallelismo, pensando ad un disco accennato nella DeRece di "Jazz Samba": le pause del disco "Desafinado..." di Coleman Hawkins sono orrende, svogliate, ombre che non merita uno come Hawkins.

Purtroppo non tutto le ciambelle riescono con il buco, ma è stata una cosa che mi ha turbato, essendo Coleman uno dei miei sassofonisti preferiti ed essendo la Bossa Nova uno dei dei territori musicali più entusiasmanti in cui sono approdato. Questo disco di Bossa Nova di Canonball, seppur rimasto unico esempio nella sua discografia, lascia un elemento incontrovertibile secondo me: il linguaggio della Bossa Nova Cannonball l'aveva fatto suo, ma alle sue condizioni. Una Bossa Nova ricca di soluzioni e con fortissimi richiami al Bop, e per certi versi, questo elemento rende più affascinante e meritevole quantomeno di approfondimento lo stile bossanovistico di Adderley; rispetto quello sfumato, definito e lineare di Getz. Delle strutture rivestite con un nuovo abito, e che si sposano alla grande con la ossatura musicale creata dal Bossa Rio Sextet of Brazil capitanati da Sergio Menedes. Una Bossa accattivante e periferica quella di Cannonball, non certo mainstream e ruffiana - in senso buono - come quella di Getz. Semplicemente hanno portato il loro background americano al servizio della causa brasiliana; con risultati diversi ma egualmente splendidi. Dall'ancia del suo sassofono partivano sfumature e note aggressive, corpose, ardenti, romantiche e vertiginose. Porta molto della sua America nella sua Bossa Nova, Cannonball - più di Getz -; non solo in termini stilistici come accennato poca fa, ma anche in termini strutturali e di arrangiamento: come nella intruduzione da Swing Band di "Sambops" ad esempio, scritta dal chitarrista del Bossa Rio Durval Ferreira, e apripista di un coinvolgente pezzo lievitato a colpi di Bop in salsa Samba. Oppure come le prime battute di "Batida Diferentes" che strizzano l'occhio al Boogie, uscita sempre dalla penna di Ferreira. Questi sono due dei pezzi in cui i fiati di Pedro Paulo (Tromba) e di Paulo Moura (Contralto), riescono a creare un tessuto su cui un ricamo armonioso come quello di Cannonball, ci sta come il cacio sui maccheroni. Una cosa che lascia sorpresi è sicuramente la poca presenza di qualche pezzo di Jobim o di altri mostri sacri della Bossa. Una particolarità, sicuramente.

Cannonball cerca così, dando vita ad una scelta coraggiosa per chi voleva solcare la Bossa Nova in quel periodo, di non puntare su di sè la luce accecante delle composizioni più famose di Jobm o di altri compositori brasiliani del momento, e che tanto successo stavano riscuotendo in quel periodo. Sarebbe stata una follia comunque prescindere in assoluto da Tom Jobim, e allora ecco una mozzafiato "Corcovado", che brilla di luce propia; la quale raggiungerà il picco in fatto di eleganza (anche grazie ad un Mendes ispiratissimo al Piano) nella versione alternativa presente nel disco. Fatto trenta, facciamo trentuno: non poteva mancare il trio delle meraviglie Jobim-De Moraes-Gilberto, e allora una sublime "O Amor Em Paz". Il disco è composto in larga parte da deliziose composizioni nate in seno al Bossa Rio, tranne che le canzoni citate e una festante "Minha Saudades" di Joao Donato, cresciuto nel mito di Stan Kenton e uno delle figure chiave degli albori della Bossa Nova; ma che la storia, purtroppo, ha rilegato nella figura di minore; pur con una carriera incredibile alle spalle.

Mi piacerebbe, nel mio piccolo, che questo disco venisse rivalutato. Forse sembrerà troppo il cinque che gli darò, dato che non si tratta di una produzione storica e blasonata, sia all'interno della Bossa Nova che nella Discografia di Cannonball stesso; ma secondo me è uno degli espementi più intriganti nati dall'incontro tra amercani e musica brasiliana.

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