"La nebbia di novembre avvolgeva ogni cosa, attutiva i rumori e 
ammorbidiva le forme delle case e della campagna in lontananza, immergendole in un mare d'ambra
violetta. Dietro quel colore c'erano gli ultimi raggi del sole, talmente smorzati che non potevano ferire i Dannati..."

 Quando gli ultimi raggi del sole spariscono all'orizzonte dietro le cime delle colline che sembrano prender fuoco ed il buio avvolge lentamente le vie dei villaggi e delle campagne, la paura si impadronisce dei viventi mentre i dannati si destano affamati.

Dimenticate tutti i clichè legati alla figura vampiresca fascinosa ed ammaliatrice creata e diffusasi dopo l'uscita dell'opera di Stoker.

Non cercate il male in quella direzione, non lo troverete.

La dannazione si insinua in maniera ancora più subdola e non avrà cura di chi sarà al suo cospetto.

A distanza di più di settant'anni, ancora oggi "Vampyr" conserva immutato un fascino incredibile, dovuto, in particolar modo, alla splendida fotografia che, unita alla quasi assenza di dialoghi ed al lento incedere della trama, creano un'atmosfera sinistra come poche.

Alcune scene, poi, sono assolutamente memorabili e verranno più o meno velatamente riprese da molti altri films posteriori (penso, in particolare alla scena della sabbia ripresa tale e quale da "L'Esorcista", a quella della tomba, forse la più inquietante di tutto il genere, abbondantemente saccheggiata da Wes Craven ne "Il Serpente e l'Arcobaleno", ed alla scena del volto riflesso che fa capolino in almeno il 70% degli horrors moderni).

Ma la tensione pervade lo spettatore per tutta la durata di Vampyr che, a mio avviso, raggiunge il suo apice nel primo piano del volto di Sybille Schmitz (che, successivamente, divenne una delle attrici più famose al servizio della cinematografia del terzo reich) con la sua contrapposizione tra il momento della disperazione umana e quello immediatamente successivo della possessione demoniaca.

Un primo piano, dunque, ad immortalare un altro capolavoro del maestro danese, dopo quello di Renèe Falconetti e la sua Giovanna D'Arco in un film segnato, come tutta la sua produzione, dal netto contrasto tra i bianchi e gli scuri carico di un evidente e profetico simbolismo.

Al calar delle tenebre, ordunque, mettete da parte le vostre sicurezze fatte di croci, collane di aglio e rose selvatiche, perché non vi servirà nulla di tutto questo e non fidatevi di nessuno, tantomeno delle vostre ombre.

 "... Attraverso gli occhi socchiusi,
vedo il mondo a lume di candela.
Galleggiando in estatico abbandono..."

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