“C’era una volta… — un Re! — diranno subito i miei piccoli lettori. No, ragazzi, avete sbagliato. C’era una volta un pezzo di legno…”
Chi non riconosce questo incipit? O meglio, chi non lo conosce? Si tratta de “Le Avventure di Pinocchio: storia di un burattino”, prima pubblicazione, a puntate, il 7 luglio del 1881 su il “Giornale per i bambini” e quindi in volume a Firenze nel 1883, autore Carlo Lorenzini, noto Collodi.
Quest’opera è considerata un capolavoro della letteratura per bambini, ma non credo dedicata solo a loro, e per molti rappresenterebbe un buon trattato di pedagogia. In realtà credo che di pedagogico non ci sia molto: è Pinocchio che attraverso le sue esperienze, fregandosene dei consigli altrui (leggi: Geppetto, Grillo Parlante, Fata Turchina…) vive la vita a modo suo, inanellando una serie di errori che lo portano dentro e fuori di prigione, rischiando di persona in totale libertà di scelta ed infine, facendo un’inversione a U sulla strada tutta a curve cieche della sua breve esistenza, “rinasce” a nuova vita.
Se per pedagogico intendiamo educativo, credo che il nostro burattino sia da considerarsi un self-made …child, ché nessuno è riuscito ad educarlo con i soliti sistemi: I Buoni Consigli. Eppure qualcosa di vero ci deve pur essere: un autore come Collodi non inventa una storia del genere solo per divertire, ne è convinto anche Benedetto Croce che vede “nel pezzo di legno, l’umanità all’inizio del suo noviziato: fantoccio, ma tutto spirituale
”.
È impossibile pensare a Pinocchio e non ricordare il suo naso, anzi è proprio il suo naso che lo rende unico e ti fa ricordare di lui: se non fosse stato così strano, d’altronde è di legno, forse non ci avrebbe così colpito, forse non avremmo quell’immagine raccapricciante di un’appendice che cresce a dismisura appena pronuncia una falsità… una bugia, forse non avremmo saputo che ci sono due tipi di bugie: …vi sono le bugie che hanno le gambe corte, e le bugie che hanno il naso lungo…
È possibile che in quel contesto parlare di menzogna istituzionalizzata sia un po’ eccessivo, ma è l’impressione che ne ho avuto nelle diverse ri–letture, sicuramente un’interpretazione da adulto, e dopo un’accurata ricerca nel Web (un articolo! Il naso di Pinocchio per una didattica della menzogna) ho scoperto che altri prima di me ci avevano fatto delle ricerche accurate e che la “didattica della menzogna
” era una realtà: stupore!
Non credo che questa interpretazione possa stravolgere la visione ingenua e birbante che il nostro burattino–bambino ha lasciato nelle nostre visioni infantili, ma di certo ce lo rende attuale come non mai, nel nostro mondo in cui la menzogna è istituzionalizzata e purtroppo i nasi lunghi e le gambe corte non si contano più!
Non ho fatto cenno alla storia, ché mi sembrava fuori luogo e poco carino nei confronti dei lettori… ma tutti i personaggi che affollano le pagine di questo racconto sono unici e indimenticabili; Mangiafoco, Lucignolo, il Gatto e la Volpe, il Pesce-cane e il Tonno sono però quelli dimenticati, ma che in realtà hanno fatto di Pinocchio quello che noi tutti speravamo: una gran bella personcina!
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