- Keanu abbiamo ottanta ore di girato in cui tu spari in faccia alla gente, che facciamo?

- Mettile tutte.

Ovviamente esagero, ma neanche troppo. Nel senso che a un certo punto mi sono chiesto per quale motivo continuassero a far vedere i dettagli delle sparatorie in cui viene coinvolto il bravo protagonista insieme ai suoi sodali. In termini di grammatica cinematografica qualcosa non tornava. Poi ho capito: è proprio quella la cifra del film (il mio primo della saga, che avrà sicuramente anche un quarto capitolo).

Mostrare l'eroe che sfracella teste anche quando non necessario è sicuramente una missione buona e giusta, necessaria. E qui lo si fa anche con una certa grazia, citando Un chien andalou per esempio, ma con un'ascia rotante lanciata da vari metri che si conficca proprio lì. Oppure con un paio di sequenze da urlo, in una corsa pazza tra le luci folgoranti di Manhattan, o tra gli scaffali di una biblioteca, dove i nostri si danno botte da orbi e nessuno osa anche solo dare un gridolino.

L'estetica giustifica tutto. Soprattutto la violenza, e ancor di più quando è autoironica, divertita, leggera. Puoi farmi tutto, umiliarmi, ma non sfiorare il mio cane nemmeno con il pensiero. Altrimenti, potrei anche far fuori l'intera cittadella, pur di fartela pagare. Ma c'è di meglio e di più, fin quasi al paradosso: c'è il killer designato per uccidere l'eroe, che però deve rispettare le regole dell'Hotel Continental, si siede al suo fianco sul divano, vicino vicino, e ne approfitta per rivelargli di essere un suo grande fan. Poi, quando è il momento, riprende a dargliele come se niente fosse. Oppure i due sgherri accaniti che si guadagnano il rispetto di John proprio per la loro ferocia, e quindi meritano clemenza. È un cortocircuito, in un contesto dove tutti, anche i più inoffensivi, hanno diritto a una pallottola nel cranio.

La trama sembra una grande presa per i fondelli; o meglio, lo è volutamente, quasi una parodia dei film che si prendono sul serio e propongono colpi di scena non verosimili, pur di sorprendere. Qui i ribaltamenti di fronte sono trattati con leggerezza, perché conta poco la direzione in cui si punta il mirino, l'importante è continuare a fare fuoco. La mole di sequenze d'azione rischia di rendere scheletrica la narrazione, ma le scelte sono troppo smaccatamente spregiudicate per non farsi notare. Come un pendolo, John Wick tende da una parte per poi cambiare idea (spesso per i più futili motivi) e tornare a correre nella direzione opposta. Un moto perpetuo.

Come sono una presa per i fondelli le scene in cui vengono scelte con cura e devozione le armi da fuoco, uno sberleffo alla cultura americana. E la stessa Alta Tavola, che sa essere crudele quanto sprovveduta, è volubile e vendicativa. Una parodia del potere che usa termini ecclesiastici pur essendo quanto mai lontano da una regola morale. E infine Reeves, una star bolsa che ha trovato la parte perfetta per gonfiare il suo ego e le sue tasche. Quasi non viene inquadrato in viso, perché il grosso del minutaggio lo passa a sparare. Ma è tutta una provocazione, la dimostrazione che basta un ex stuntman alla regia e tanta ironia per fare un buon film d'azione, anche sopra la media. “E vedrai che la critica ci adorerà”.

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