Attesa. Grandissimo fermento nell'aria. Giornalai presi d'assalto. La curiosità, ormai arrivata all'esasperazione, scalcia per sfamarsi di fronte ad una nuova appassionante puntata. Le famiglie cominciano a scambiarsi informazioni sulle ultime vicende, mentre i cortili si colmano di curiosi, mossi dalla sottile speranza di ascoltare le tanto agognate novità, magari da qualche fortunato che si è ritrovato una copia fra le mani e non vede l'ora di decantarne il contenuto in pubblico. Non so che idea vi siete fatti, ma ciò che avete appena letto è essenzialmente la descrizione della tensione che era solita generarsi all'arrivo di ogni nuovo capitolo del mensile "The Posthumous Papers of the Pickwick Club", ben centosettantadue anni fa.

Nel 1836 l'Inghilterra, in piena rivoluzione industriale, si ritrovò a guardare con occhi amorevoli e nostalgici verso gli anni passati, conservatori di antiche tradizioni ormai in procinto di scomparire, simboleggiati dalle sconfinate e pittoresche campagne, le rocambolesche corse in diligenza, la placida vita di provincia ed i gioviali e stravaganti gentiluomini che erano soliti abitarla. In quell'anno epocale nacque, dalla sorprendente penna dell'allora ventiquattrenne Charles Dickens, "The Pickwick Papers", un'opera che non può essere semplicemente circoscritta entro la definizione di "romanzo", ma che dovrebbe essere vista come una coloratissima narrazione dal gusto picaresco, intessuta di una comicità travolgente e senza precedenti diretti, in cui l'elemento teatrale, alla base dello stile di scrittura, intensifica senza sosta la sensibilità del messaggio riportato, mantenendo costantemente aperta una finestra emotiva che tenta di colpire il nostro animo con ogni mezzo, regalandoci momenti di sana ilarità come altri di profonda tristezza; crisi isteriche e fitte all'addome causate dall'intensità delle risate, ma anche lacrime amare, intrise di dolore e miseria. Ricorrendo a qualsiasi espediente possibile, Charles, nei panni di un provetto marionettista dalle mille risorse, non si fa scrupolo di muovere anche i fili più delicati, pur di tenerci in pugno con il suo strabiliante carattere narrativo.

"Il Circolo Pickwick" (questo il titolo italiano) riporta le avventure di un eccentrico signore, tale Mr. Samuel Pickwick, titolare, manco a dirlo, di un circolo, dove, insieme alle menti più acute ed illuminate dell'epoca (il tutto chiaramente visto in chiave satirica), è solito discutere di importantissime, per non dire vitali, questioni scientifiche, filosofiche e culturali (come la stupefacente "Teoria dei Girini" illustrata ad inizio storia). Il racconto si apre mostrandoci la decisione del suddetto signore, di affrontare un lungo viaggio nelle campagne inglesi, alla ricerca degli usi e dei costumi in voga nelle province, convinto che ciò possa in qualche modo portare a pazzesche scoperte sulla natura umana e le sue infinite sfaccettature. Ad aiutarlo in questa eroica impresa ci sono tre suoi grandissimi estimatori: Mr. Nathaniel Winkle, appassionato di caccia e sport di ogni tipo (incredibile come le sue "impeccabili nozioni teoriche" si riflettano sempre in indicibili disastri dal lato pratico), Mr. August Snodgrass, sopraffino e sensibilissimo poeta dall'animo gentile e pacato e Mr. Tracy Tupman, piuttosto in carne, magari un po' attempato, ma sempre sveglio e scattante quando si parla di intrattenere rapporti (puntualmente catastrofici) con l'altro sesso.

Nel vastissimo oceano di personaggi creati appositamente per questo lavoro dal genio dickensiano, spiccano altre due figure che rivestono un'importanza primaria nella vicenda: la maliziosa e scapestrata controparte del bonario e filosofico protagonista, impersonata da Mr. Samuel Weller, giovane, audace, munito di una lingua tagliente come un rasoio e sempre pronto a dilettarsi nelle più spericolate risse da osteria ed il viscido e furbissimo Mr. Jingle, impareggiabile commediante, asso della truffa e vera e propria spina nel fianco della sgangherata compagnìa di simpatici signori che abbiamo fin qua illustrato.

Quello che vide la luce come mensile, dalla tiratura iniziale di appena 400 copie, divenne nel giro di pochissime uscite, un successo clamoroso, che consacrò Charles Dickens come uno degli scrittori più seguiti ed amati del suo tempo e gli spalancò le porte verso una fulgida carriera letteraria tempestata di opere uniche ed immortali.

Leggere questo libro, in particolare, è come viaggiare in carrozza, esplorando ed imparando ad assimilare le innumerevoli sfumature dell'animo umano, attraverso un caldo vortice di emozioni e sorrisi, atti a trasformare i verdi sentieri del Kent in cui è ambientato, in familiari paesaggi grigi e rosa che ci sembra, in fondo, di aver sempre conosciuto.

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