L’ultimo lavoro di Charlie Kaufmann, geniale e visionario regista statunitense, uno tra i più riconoscibili autori del cinema mondiale, è uscito lo scorso anno sulla piattaforma Netflix.
Il film è un adattamento del romanzo di Iain Reid e racconta la storia di una ragazza (Jessie Buckley) che deve andare per la prima volta a cena dai suoceri.
E un pensiero la riempie:
«Sto pensando di finirla qui. Una volta che arriva il pensiero resta lì. E si attacca. Persiste. Spadroneggia. Non c’è molto che io possa fare, credetemi, non va via. È lì che mi piaccia o no. È lì quando mangio, quando vado a letto, è lì quando dormo, è lì quando mi sveglio, è sempre lì. Sempre. Non è da molto che ci penso, l’idea è nuova ma nello stesso tempo sembra vecchia. Quand’è che è cominciata? E se non fossi stata io a concepirla ma mi fosse stata impiantata in testa già sviluppata? È un’idea non detta, non originale. Forse in realtà l’ho sempre saputo. Forse è così che doveva andare a finire.”
"Sto pensando di finirla qui"
È il ritornello di questo film, che risuona nella testa della protagonista, rimbomba in ogni
momento, rimane sempre lì.
Tuttavia la frase non viene mai pronunciata perché il pensiero è più vicino alla verità di
un'azione, un pensiero non può essere finto, una frase detta sì.
Così, poi, Il suo ragazzo, Jake (Jesse Plumons), passa a prenderla in macchina e, mentre lei apre lo sportello, il monologo interiore si ferma e finalmente qualcuno parla. È Jake, ma la sua voce sembra arrivare da lontano, lontanissimo.
Poi il pensiero ritorna.
“Sto pensando di finirla qui"
Jake sente qualcosa e dice: “Cosa?”
Così il pensiero torna di nuovo, ripetutamente, ma Jake non può più sentire.
Così iniziano a parlare, e parlano di Wordsworth, di una relazione di fisica quantistica, di Musical, di
Punti di vista, del paesaggio e del tempo. Lucy recita una sua poesia: “Ossa di cane".
Finito il viaggio, in mezzo a una bufera, Jake mostra a Lucy una fattoria da incubo fino a che non arriva il momento della cena.
Dentro casa, dopo la cena con gli esauriti genitori, le piccole stranezze che hanno accompagnato il viaggio (pensieri percepiti, voci che arrivano da lontano, dialoghi pausati) sbocciano e invadono ogni centimetro di verosimiglianza.
La realtà e l'immaginazione si confondono completamente, i confini tra gli individui si perdono (Lucy, Louisa, Yvonne, qual è il nome della ragazza? Chi sarà mai questa ragazza?) insieme alla scansione normale del tempo: presente, passato e futuro convivono all'interno della casa.
È un continuo crescendo che coinvolge luoghi e persone, delusioni e traumi della mente umana.
Kaufmann non ha deciso di tirare i remi in barca. Evidentemente di passi avanti nella propria sperimentazione cinematografica ne sono stati fatti tanti dai tempi dei visionari, ma intellegibili Essere John Malkovich e Se mi lasci ti cancello*. Non raggiungiamo i livelli di libertà espressiva di un Lynch in Mulholland Drive, ma la direzione che porta dai primi film a quest'ultimo sembra essere quella.
Bravo Kauffman anche per come guida per gli attori a cui richiede un'interpretazione più sopra le righe che naturale. In particolare i due genitori che con la loro prova ci portano in una casa sempre più alienata dalla realtà sensibile.
Così, a livello visivo, le immagini e l'ambientazione si fanno oniriche come a sottolineare qualcosa.
Non so se sia vero, come sosteneva qualcuno, che per girare un buon adattamento sia necessario non scegliere un capolavoro, ma spero per il povero Reid che non lo sia, perché l'adattamento in questione è senz'altro un gran bel lavoro.
* perdonate l'inserimento del titolo ignobilmente tradotto
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Altre recensioni
Di JOHNDOE
Il film è permeato da un'aura nera che trasmette disagio, inquietudine e un sottile senso di angoscia.
È il tipico film che, se ti è piaciuto un minimo, vorresti rivedere solo per poter dire “ah! …ecco perché poi…”.