1. Innanzitutto volevo ringraziarti per aver dato la tua disponibilità a parlare del progetto "Chat noir" e cominciare questa breve intervista chiedendoti di raccontarci come è nato il gruppo, quali sono le sue caratteristiche e che musica propone.

Il trio Chat Noir è nato nel 2002. Luca Fogagnolo - contrabbasso e basso elettrico, Giuliano Ferrari - batteria, Michele Cavallari - pianoforte. Siamo tre amici, prima che colleghi, e ci teniamo a definirci un gruppo. Provenienti da esperienze musicali differenti, ad un certo momento della nostra vita, quasi contemporaneamente, ci siamo avvicinati al jazz. All'inizio studiavamo insieme gli standards, ma cercando arrangiamenti personali, che uscivano talvolta dai canoni classici del jazz. Attualmente proponiamo esclusivamente brani originali dando molta importanza ai temi e all'arrangiamento, talvolta a scapito dell'improvvisazione; questo perché piuttosto che voler dimostrare particolari doti tecniche preferiamo convincere il pubblico per la coerenza delle composizioni. Il nostro suono è essenzialmente acustico, con piccoli accorgimenti elettronici.

2. Oltre il vostro sito ufficiale (), ho visto che in internet siete presenti anche su myspace , dove mi ha incuriosito molto leggere i vostri riferimenti musicali, che appaiono molto variegati. Si va infatti da alcuni celebri artisti della casa tedesca ECM fino a classici del jazz, per arrivare al rock contemporaneo di gruppi come Radiohead e Sigur Ros ed al cantautorato italiano. Non solo jazz dunque. In che modo questo variopinto universo musicale influenza il vostro modo di fare musica?

Il riferimento di base della nostra musica è il jazz, soprattutto le sonorità rarefatte nordeuropee, ma le nostre composizioni risentono molto del nostro passato musicale e della musica che ascoltiamo abitualmente: oltre al jazz ci piacciono il rock, specialmente quello degli anni ‘60 e '70, il post-rock, e la canzone d'autore. Tutto ciò inevitabilmente si ritrova nei contenuti, ma anche nella forma dei nostri brani. Infatti prediligiamo la forma canzone piuttosto che la struttura degli standards, utilizziamo (con parsimonia) effetti e campionamenti elettronici, usiamo lo swing come una tra tante soluzioni ritmiche possibili.

3. Il vostro ultimo lavoro in studio Decoupage (Universal 2007) si contraddistingue per la presenza prevalente di brani originali, mentre lo spazio per le interpretazioni di musiche non originali è riservato alla sola "Via del campo" di Fabrizio De André, non proprio uno standard, almeno finora. Nell'uno e nell'altro caso l'impressione che se ne trae è quella che non vogliate incanalarvi negli schemi classici del jazz, cercando nuove strade. È così o è un abbaglio?

No assolutamente non è un abbaglio. La scelta di proporre quasi esclusivamente brani originali ci è sembrata la modalità più naturale e spontanea per conciliare in maniera coerente sonorità molteplici, apparentemente distanti tra loro, convogliandole in un unico insieme sonoro.

4. La vostra musica è prevalentemente acustica, tuttavia non mancano in "Decoupage" alcune piccole e discrete pennellate elettroniche, assenti nel vostro primo album "Adoration". Pensate che questa via - oggi appena abbozzata - possa essere enfatizzata in futuro?

La mescolanza di suoni elettronici con suoni acustici ci interessa come possibilità. Per il momento abbiamo usato i suoni elettronici con molta parsimonia. Chi ci vede dal vivo può constatare come gli elementi campionati siano in realtà ancora meno presenti di quanto possa apparire da un ascolto del disco; preferiamo piuttosto modificare il suono degli strumenti acustici con l'aiuto degli effetti e dell'elettronica. Proiettandomi nel futuro posso immaginare che nella nostra musica ci sarà una presenza più preponderante dell'elettronica, comunque con una prevalenza dei suoni acustici o elettro-acustici.

5. Sempre in Decoupage colpisce molto il motivo ispiratore di Trilogy, ovvero la famosa Trilogia di New York di Paul Auster. Come è nata l'idea di far incontrare due mondi così diversi come la musica e la letteratura?

L'idea di musicare un libro caro a tutti e tre ci è servita da stimolo. Cerchiamo di trovare fonti di ispirazione in tutto ciò che accade intorno a noi, con un'attenzione particolare rivolta alla cultura contemporanea. Comunque non trovo che musica e letteratura siano due mondi così distanti: la pagina scritta, così come la musica, perfonde il fruitore di stati d'animo ed immagini oggetto di interpretazioni del tutto personali e libere. In questo senso abbiamo scelto di "musicare" la Trilogia di New York, partendo dalle suggestioni che le pagine del libro ci hanno comunicato. Si potrebbe fare lo stesso con immagini cinematografiche e opere d'arte figurativa...e viceversa: la musica può servire da elemento ispiratore di opere letterarie, teatrali, cinematografiche, dipinti...

6. Un'altra particolarità del disco è la riuscita rilettura di "Via del campo" nel medley con "Cam Camin" del film Mary Poppins, inoltre mi è sembrato di intravedere anche un cenno di "Summertime", ma forse sono pazzo :). Perché questo incontro apparentemente così distante?

"Via del camp"o di De André è uno dei primi brani del nostro repertorio. Le citazioni del tema di Mary Poppins e di Summertime sono state inserite quasi per caso durante una prova e poi riproposte come parte integrante del brano. Allo stesso tempo costituiscono una formula che ci permette di ribadire la possibilità di convivenza di elementi apparentemente contrastanti e distanti. Così come il testo della canzone, che è giocato su dei contrasti "dai diamanti non nasce niente dal letame nascono i fior".

7. In chiusura di questa breve chiacchierata vorrei chiederti titoli di alcuni dischi che ritieni imprescindibili, insomma i classici dischi da isola deserta.

Kind of Blue e Bitches Brew di Miles Davis sono rispettivamente "il" disco jazz e il disco più lungimirante della storia. Electra di Arild Andersen e Thimar di Anouar Brahem, due perle della produzione ECM ed opere esmplari di jazz di confine e contaminazione. Sgt. Pepper's Lonely Hearts Club Band dei Beatles e The Wall dei Pink Floyd. Per questi ultimi due non credo che ci sia bisogno di spiegazioni ulteriori.

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