Chi dice che i gatti neri portano sfortuna probabilmente non ha mai incrociato la propria strada con la musica dei Chat Noir. Se così fosse forse avrebbe già cambiato idea, riconoscendo al gatto nero altre qualità, come quella di confondersi abilmente con la notte, nella quale ci mostra solo il riflesso fascinoso e inquietante dei suoi occhi. E proprio la notte sembra essere il momento più adatto per ascoltare la musica di questo trio italiano composto da Michele Cavallari (piano), Luca Fogagnolo (contrabbasso e basso elettrico), Giuliano Ferrari (batteria). Un giovane gruppo che porta una ventata di freschezza nel panorama jazzistico italiano, mostrando variegate influenze musicali, dalle grigie atmosfere jazz del nord europa, alla canzone d'autore italiana, senza escludere tanto il rock degli anni '70, quanto quello contemporaneo.

"Decoupage" (Universal - 2007) è il loro secondo lavoro in studio, che si differenzia parzialmente dal disco d'esordio "Adoration" (Splasc(h) - 2004). Infatti, in questo cd il trio arricchisce lievemente la propria musica, sperimentando l'uso di isolati cenni di elettronica e della voce. L'ascolto fa pensare ad una ricerca mirata e consapevole di una strada originale e slegata da schemi precostituiti. Sotto questo profilo la loro musica, pur non del tutto catalogabile come jazz, ne rispecchia comunque lo spirito di libertà e ricerca, mostrando tratti di raffinatezza ed eleganza non indifferenti. L'assenza di standard e la proposta, dunque, di brani originali è un ulteriore elemento che conferma queste intenzioni del gruppo. Singolare risulta essere anche l'approccio espositivo dei temi musicali che avviene quasi sempre in modo unitario tra i componenti, rigettando così la suddivisione tra solista e accompagnamento.

A volte malinconica, altre trascinante, sempre notturna la loro musica, accanto ad una particolare attenzione per la melodia, possiede una grande capacità evocativa, specialmente quando cerca di legarsi ad altri contesti. Ciò accade, ad esempio, nel brano "Trilogy", ispirato dalla celebre Trilogia di New York dello scrittore Paul Auster. Una suite suddivisa in tre momenti ("Private eye", "Colours", "Closed Room") che tenta e riesce a richiamare i misteri, le ossessioni, i labirinti, la tensione ed il pathos avvolgente delle parole dello scrittore americano. Ben diversa è l'atmosfera offerta dalla rilettura di "Via del campo" di De André, che risulta tutto sommato abbastanza lineare, almeno fino a quando non si unisce - non si sa come, ma senza fratture- con la malinconica spensieratezza del celebre tema "Cam Camin" dal film Mary Poppins, così delineando, anche con brani non originali, un approccio molto spontaneo del trio nel fare musica.

Ne "L'elefante nel negozio di cocci", invece, il gruppo sembra quasi voler richiamare la fragilità e la goffaggine, espressa dall'immagine del titolo, con una musica che si muove per immagini, prima quasi con indolenza per poi crescere pian' piano mostrando una tensione accennata e sospesa, che si sfoga solo nel finale. Ascoltando con attenzione i suoni dei "Chat Noir", inoltre, dalla calma apparente e rarefatta a volte è possibile transitare nell'inquietudine, dove aleggiano ombre e misteri ("Soft Focus"). Ma più in generale sono davvero tanti i ritagli che compongono - più o meno ordinatamente - il quadro di questa musica, che seppur perfettibile, promette molto bene per il futuro di questo gruppo, in grado di affascinare anche chi si reputa distante dal jazz.

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