Garantito. Io - di musica - non capisco un cazzo.

Sì, certo - permettetemi la polemica - capisco forse più io di musica di quanto il gestore di siti internet del Ministero del Lavoro capisca di siti internet. Ma insomma, è una magra consolazione. Diciamo che anche voi - chiunque voi siate - a fare un paragone, ne sapete di più di sistemi ortogonali completi in spazi di Hilbert di quanto lui (o lei, chi lo sa?) non ne sappia di siti internet.

Ma insomma scopo di questa recensione non è mica quello di fare una velata polemica (che forse i più attenti avranno colto) contro chi - per dire - fa un mestiere ma non lo sa fare. No, lo scopo è chiarirvi che io - di musica - non ne capisco un cavolo.

Perché, insomma, prendete Chick Corea. Non lo so se lo conoscete, se avete un qualche suo disco. Certo, sentito nominare lo avrete sentito nominare (a meno che non siate la mia capa, e non dichiariate di essere diplomati al Conservatorio). Saprete magari che ha suonato con Miles. E mica in robe da poco. In Bitches Brew, in In a Silent Way. Due capolavori. Oppure i Return to Forever, con Al Di Meola. E con mille altri, che se leggete la sua pagina su wikipedia è un susseguirsi di oh!, di ammirazione. Di: cavoli!. Di: ah già! (nel mio caso particolare una lampadina su Flora Purim, finito qui vado a cercare qualcosa).

Certo, poi, scendendo nella pagina, vedete la sua imbarazzante foto del 2004 (io pagherei per farla togliere), oppure tutta la storia di Scientology (NO, GRAZIE). E poi - insomma - a me le robe latino americane piacciono proprio poco (con una sola, piccola eccezione, questa).

Però leggete di mille dischi. Mille cose importanti. Ma per questo, per questo di cui vi parlo (finalmente!) io, nessuna segnalazione. Questo qua è un disco del 1978. Da pochi anni Corea ha conosciuto una donna. Si chiama Gayle Moran. È una soprano. Si conoscono. Si piacciono. Si sposano. Insieme fanno qualche disco. Uno - The Leprechaun - non mi ha mai detto niente. Questo, invece, sì.

Però bisogna avere pazienza. Ascoltare le prime tracce. Avere pazienza, mica è brutta musica. Ascoltare, magari facendo qualcos'altro. Perché poi arriva la quinta traccia. Si chiama Prelude to Falling Alice. E da lì qualcosa succede. Una roba strana. Difficile da dire. Come se - di colpo - tutti si sciogliessero. Come se d'improvviso Gayle iniziasse ad essere Gayle, Chick iniziasse ad essere Chick. Ognuno con il suo carattere. Ognuno con la sua musica. Con due musiche, due mondi diversissimi. E con la gioia di scoprirsi. Con la gioia di trovare un modo, un modo sbilenco, un modo particolare, un modo irripetibile, in cui questi due mondi, questi due diversi universi musicali possono andare d'accordo. E si va avanti così. Per tutto il resto del disco. Con una soprano che canta da soprano, e un pianista jazz, con simpatie latine, che suona da par suo. E tutti gli altri, pure. E va avanti così, per tutte le tracce seguenti, per una buona mezz'ora, forse più.

Che te li immagini, lì, che non pensano più a niente, che si lasciano andare, che fanno quello che sanno fare, che fanno quello che gli piace fare, che ascoltano quello che gli piace ascoltare. E forse nemmeno lo sapevano.

Felici di quello che sentono, felici di quello che danno. Felici di creare un mondo. Nuovo, diverso, sbilenco, irripetibile. Felici di non essere Chick, di non essere Gayle. Di essere qualcosa di diverso, insieme.

Insomma, è garantito. Io - di musica - non capisco un cazzo.

Però a me questo disco qua piace da morire.

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