Con "Time Warp" Corea rispolvera la formula del classico quartetto jazz di cui peraltro non sono presenti molte releases nella sua discografia. In questa occasione lo affiancano John Patitucci al contrabbasso, Gary Novak alla batteria e Bob Berg al sax. In particolare questa formazione si avvale di una sezione ritmica dal driving potente e caratterizzata da andamenti ricchi di patterns e interplay tipici di quello stile fusion che guarda sempre al jazz come faro illuminante.

Novak è un batterista dal suono molto naturale e affascinante, capace di esplosioni e di raffinatezze pregiate: un batterista eccezionale, in grado di creare patterns che in alcuni casi appaiono persino avvolti da un'aura di mistero. Patitucci svolge qui un ruolo abbastanza contenuto se confrontato con le sue precedenti performances all'interno dei progetti Akoustic Band ed Elektric Band, ma questa sua maggiore asciuttezza che non cade mai in un autocompiacimento virtuosistico lo rende un bassista a mio avviso molto più maturo del solito nel suo essere sempre misurato e sapido negli interventi ritmici che affiancano il drumming di Novak. Berg è fedele al proprio stile muscoloso che ricorda Michael Brecker più che Coltrane e che dà quell'impronta di fraseggio virtuosistico e spigoloso tipico di questi contesti musicali. Corea è in splendida forma con il suo pianismo ormai abbondantemente consolidato e riconoscibilissimo, con quello stile sempre in bilico fra lirismo, cubismo, sperimentazione e neo-classicismo.

Le composizioni sono tutte di altissimo livello e si snodano in un concept album dalle sonorità affascinanti e profonde. Un album di quelli che sono in grado di piacere da subito e che al contempo richiedono numerosi ascolti prima di essere pienamente assimilati e gustati: il riferimento più evidente all'interno della discografia di Corea è sicuramente "Three Quartets" che è un album parimenti affascinante anche se differente sia negli intenti che nella formazione.

Imperdibile per i fan di Corea e fortemente consigliato a coloro che non cercano il jazz puro, ma quel jazz contaminato alla ricerca di forme di confine, tanto care a Corea, e difficilmente inquadrabili all'interno di un unico genere.

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