Fanucci ha da poco ripubblicato in Italia (la prima edizione italiana è del 2011) questo bellissimo ultimo romanzo di China Miéville (classe 1975) e che racconta una storia sicuramente particolare e in una maniera almeno originale, pure se si è voluto paragonarlo ad autori diversi come Philip K. Dick, Raymond Chandler e Franz Kafka. Nel senso che "The City & The City" si possa intendere come un mix tra gli stili e i contenuti oggetto delle produzioni letterarie di questi tre giganti della letteratura. Una definizione che poi ci può stare. Ci troviamo infatti davanti a un romanzo ambientato in un futuro distopico e che ha i connotati del genere noir e persino hard-boiled, ma non trascura affatto implicazioni di carattere psicologico e cerebrale. Al contrario! Peraltro è indubbio che per quanto rimandi al genere fantascientifico, il concept di base su cui si sviluppa la storia è poi in qualche maniera antico quanto la storia dell'uomo e tremendamente attuale in questa nuova fase storica dove alzare i muri e dividere costituisce il tema principale propugnato dai cosiddetti "sovranisti", una terminologia oramai ricorrente nel nostro quotidiano.

Avete mai camminato in mezzo alla strada, mentre le persone vi scorrono accanto in ambo le direzioni, sono ai vostri lati e voi siete lì in mezzo, mentre questi flussi contro-corrente di persone passano al vostro fianco senza toccarvi mai, come se fossero qualcosa di estraneo. Siete in una terra di mezzo, al centro delle strada e dove voi potere vedere tutto, vedete tutta la vita che si svolge attorno a voi da tutte e due le parti, ma gli altri invece non vi possono vedere. Oppure forse sì. Ma fanno finta di niente. Come se ammettere di vedere costituisca un peccato. Una "violazione". Ed è proprio la "violazione", che è al di sopra di qualsiasi legge e istituzione che controlla quella zona d'ombra e linea di confine invisibile tra le due città di Beszél e Ul Qoma in questo fantastico romanzo di questo scrittore e attivista britannico, socialista, molto legato al Nord Africa e interessato alla cultura araba e la politica mediorientale. Due città distinte e separate, eppure allo stesso tempo, così come vorrebbero gli "unif", una sola città, divisa da barriere invisibili, ma che non ammettono di essere messe in discussione. Se vivi in una delle due città, tutto quello che esiste dall'altra parte non solo non ti riguarda, ma per te non esiste. Non si può vedere da una parte all'altra della barriera. Figuriamoci sconfinare. In caso contrario interviene la violazione e nessuno ha idea di che fine abbiano fatto tutti coloro che hanno "violato": nessuno va contro la violazione e nessuno sa come questa funzioni e operi veramente.

L'ispettore Borlù indaga sulla morte di una giovane ragazza americana, ma il caso si fa complicato quando si scopre che questa è stata uccisa a Ul Qoma e il suo cadavere poi ritrovato a Beszel. La "violazione" in questo caso specifico non può intervenire, infatti ci sono dei punti in cui il passaggio da una parte all'altra è lecito e se l'omicidio è stato commesso a Ul Qoma, ma poi il suo cadavere è stato ritrovato a Beszel, senza che questo abbia violato o sia stato condotto lì attraverso un passaggio illegale, la questione resta di competenza delle forse di polizia. Quindi al nostro eroe non resterà altro che passare dall'altra parte della "città" per proseguire le indagini, dove finirà dentro una storia sempre più intricata e alle cui basi sembrerebbe esserci la ricerca da parte della ragazza di Orciny, una città misteriosa tra le due città, una specie di mito, ma che come tale in una società così oscurantista, può diventare qualche cosa di concreto e di pericoloso.

A quanto pare l'opera è diventata anche una serie tv targata BBC: la cosa non stupisce, considerandone i contenuti e gli aspetti affascinanti e tipici del genere hard-boiled e le suggestioni da spy-story in cui la componente "vintage" da guerra fredda si traduce in esoterismo e Berlino e Gerusalemme diventano una cosa sola. Oppure due.

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