A tre anni di distanza dal suicidio del marito, avvenuto nel 2017, la vedova di Chris Cornell ha dato il via libera alla pubblicazione di questo album postumo, contenente dieci cover cantate e suonate da Cornell col solo aiuto del suo produttore Brendan O’Brien. L’opera era stata concepita, ivi comprese la scelta dei brani e la loro posizione in scaletta, dallo stesso Chris, quindi trattasi non di un raschiamento del barile, ma della formale pubblicazione di un organico progetto realizzato in vita e bloccato solo dalla sciagurata morte del suo titolare, quando ad esso mancavano solo missaggio e masterizzazione.

Il titolo del lavoro è estrapolato dalla seconda strofa di “Black Hole Sun”, celebre canzone dei Soundgarden, ma sicuramente riveste anche un significato di esternazione del pensiero di Vicky Cornell a proposito dell’arte del marito. E con ragione… nessuno può cantare, allora ora e sempre, come l’uomo di Seattle, poco ma sicuro: un misto sublime di detonante furore grunge e di devastante infelicità, anche in questa sede “minore”, alle prese con cover molto variegate e spesso leggere, se si vuole, essendo alcune di esse in origine lineari rhythm & blues o addirittura pop songs di consumo.

La loro interpretazione da parte del grande e sfortunato cantante trasmette, senza eccezioni, ammirazione e disagio, forza e disturbo. Il disco è breve, ma inevitabilmente intenso. Mi emoziono soprattutto all’ascolto di “Nothing Compares to You” quella di Prince e della O’Connor, della mirabile “Patience” dei Guns’n’Roses, e imprevedibilmente di “San Sad City” un pezzo electro dance dei Ghostland Observatory completamente trasfigurato da Chris. Gli altri autori reinterpretati sono l’ultimissimo John Lennon di “Watching the Wheels” e poi Janis Joplin, Harry Nillson, Carl Hall, Electric Light Orchestra, Terry Reid, Lorraine Ellison.

La depressione e l’infelicità cronica sono malattie veramente crudeli e di difficile accettazione. Ci hanno privato di un grande artista che performava come nessuno, fors’anche spinto proprio dal suo immeritato castigo in questa terra. Ma così è. Pare che prima o poi seguirà un secondo disco postumo di Cornell sugli stessi toni, e stavolta mi sa che il barile verrà raschiato... A Jimi Hendrix d'altronde andò molto, molto peggio. Speriamo che sia valido come lo è questo qui.

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