"Domestic Stories" é un lavoro al quale sono particolarmente legato perché comprato fresco qualche tempo dopo la sua uscita, nel ´92, un fatto ormai sempre piú raro per me, impegnato come sono a scavare antichi tartufi nei terreni musicali anche grazie al fiuto della nostra amata mucca.

Insomma in quegli anni ero tutto inebriato di progressive e stavo cominciando a muovere i primi passi in quei movimenti che si spostano piú in "avant", seguendo le tracce del movimento RIO, guidato principalmente da due etichette; la Cuneiform e la ReR (Recommended Record).

Quest´ultima é stata fondata da Chris Cutler che, come molti di voi sapranno, fu il batterista degli Henry Cow. Ebbene, credo di poter affermare che il lavoro di Cutler come gestore, curatore, produttore, e anche teorico musicale superi, senza mettere in secondo piano, la sua importanza come musicista. La ReR ha infatti il merito di aver dato un contribuito importantissimo a vari musicisti e opere che non trovando ambiti commerciali disponibili rischiavano di non venire pubblicate, il valore di queste opere ha poi retribuito la ReR con il prestigio di cui oggi gode.


Un artista poco conosciuto che ha, meritatamente, trovato il suo spazio in questa etichetta é Lutz Glandien, interessante compositore tedesco che, stanco dell´arroganza artificiale della musica classica d´avanguardia, come lui stesso la definisce, cerca spunti creativi nel rock, elettronica e soprattutto nell´interazione fra strumenti acustici e la manipolazione mediante l´uso del computer. Questo é proprio l´aspetto formale che caratterizza questo disco che vede la partecipazione di Fred Frith al basso, Dagmar Krause alla voce e Alfred 23 Harth al sax e clarinetto e ovviamente Cutler alla batteria.

Le musiche, composte interamente da Glandien, sono emotivamente ricche, profonde e oscure. La sua partecipazione come musicista é determinante, arricchendo le musiche con suoni timbricamente molto ricercati. Sulle capacitá dei tre ex-Art Bears non mi sembra necessario spendere parole, mentre di Alferd Harth direi che ha uno stile veramente particolare, (non sapendo come meglio definirlo) e la sua partecipazione é dosata ma rilevante.

I testi, magistralmente interpretati, dalla Dagmar sono di autoria dei Cutler. Di ispirazione bibblica ma non troppo, sottolineano quella malinconica e lieve disperazione che caratterizza il lavoro che, seguendo una linea compositiva ben precisa non lascia spazio alle improvvisazioni o a complesse architetture memori degli Henry Cow.

Un disco che potrebbe piacere anche a molti che non sono amanti del RIO (inteso come genere e non come movimento, con tutte le limitazioni che ció comporta) e che cercano qualche sensazione per farsi cullare al crepuscolo dopo un triste giorno.


Quattro stelle arrotondate per difetto, e non di poco.

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