Se c'è uno che non è stato, non è e non sarà mai un profeta in patria, questo è Chris Eckman.

Eppure ci avrei scommesso, come tanti, che Seattle prima e gli Stati Uniti poi gli avrebbero dato quel che gli andava dato.

Anche perché una banda come i Walkabouts – di cui è stato fautore per oltre 2 decenni insieme a Carla Torgerson – al netto di alcuni distinguo suona Americana della migliore fattura possibile, come una Band dalla tempra più ruvida e l'aria corrucciata.

Per non dire della militanza, strampalata quanto si vuole, nelle fila della Sub Pop al fianco di Nirvana, Soundgarden, Mudhoney e la certezza che anche ai Walkabouts sarebbe toccata una briciola della torta e che comunque se la sarebbero sudata e guadagnata con merito.

Invece nulla, l'esodo in Europa, una nuova patria, la Slovenia, e una seconda casa, l'Italia, un seguito fedele, di nicchia ma pur sempre un seguito. E quel «Emona. Live in Ljubljana» – prima testimonianza ufficiale dal vivo regalata ai lettori del “Mucchio Extra” – che ormai 20 anni fa rivelava tutto dell'etica musicale e non solo della banda.

Ad oggi, sono 11 anni che i Walkabouts non danno notizie di loro; poco so di Carla Torgerson; qualcosa di più di Chris Eckman e dei suoi viaggi all'estrema periferia della metropoli musicale, dal Mali alla Turchia, insieme a Chris Brokaw (Codeine, Come e tanto altro) e Hugo Race (Birthday Party, Bad Seeds e tanto altro pure lui) oppure in solitaria.

In «Where the Spirit Rests» Chris torna a imbracciare la chitarra acustica a 8 anni dal precedente «Harney County» e con un piccolo aiuto da amici come Chris Cacavas (Green On Red), Alastair McNeill (Laibach) e Catherine Graindorge (Nick Cave, Warren Ellis) – solo per dire di quelli minimamente visibili – la sua voce scende in profondità per raccontare 7 minime storie, racconti brevi sospesi in un'atmosfera rigorosa come il Johnny Cash delle registrazioni American e nebbiosa e notturna come tanto Tom Waits, fino a comporre un album evocativo ed esplicativo sin dalla copertina, un percorso che si snoda dall'inquietudine di «Early Snow» alla nevrosi di «Cabin Fever» fino alla tregua di «Where the Spirit Rests», agognata come l'acqua nel deserto ed altrettanto illusoria.

Non corre proprio un bel tempo, è dura per chi implora amore e per chi rincorre sesso spiccio e perfino per gli spavaldi, per dirla con le parole di Chris, e chi confida in un tempo migliore non è un profeta affidabile neppure lui oppure vede troppo lontano.

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