- Così vanno le cose
- Be' vanno da schifo
Molto più di una favola animalista, molto più di una commedia divertente con animali parlanti. Questo è uno dei film preferiti di mia madre, che lo guarda con occhi di pura tenerezza, come una ninna nanna utopica. Cullandosi nel sogno di capirsi.
Aleggia su questa storia una leggerezza sognante, quella di chi spera e crede in un mondo più bello, più giusto, più dignitoso per tutti. Una Fattoria degli animali meno politica e più sociale, un romanzo di formazione intriso di inganni, pericoli, fraintendimenti. Un maiale che si crede un cane. Perché i cani sono casta eletta, mentre i maiali entrano in casa solo con contorno di patate.
C'è un disegno piramidale dei ruoli che non a caso vede al suo vertice Rex, e in parallelo il capofamiglia Hoggett per gli umani. Ma è un disegno destinato a sfrangiarsi, il fucile di Hoggett si abbassa, senza un motivo preciso, per una scintilla di empatia. Babe parla di un mondo dove chi sta in cima prova compassione per chi sta in fondo. Non si può non volergli bene.
E in più, lo stile è vivace e frizzante. Grazie all'ironica suddivisione in capitoli, alla confidenziale voce narrante, all'asciuttezza del montaggio. I temi vengono snocciolati con agilità, senza appesantirli. Il quadretto bucolico è perfettamente reso: le luci calde, i pochi oggetti iconici, i personaggi umani quasi caricaturali, l'uso di animali veri (48 maialini) con giusto qualche effetto speciale per rendere i movimenti della bocca. Ma qui la magia è nelle cose naturali, nel guardare ciò che è normale (solo perché lo riteniamo tale) e scoprirlo speciale, complesso, anche sofferto.
Di più, fare propria quell'eco di sofferenza e cercare di placarla. Non del tutto, perché la lama che non sgozza Babe si posa su qualcun altro, ma almeno un poco. Non perché si possa estirpare, quella sofferenza, ma perché risparmiarne anche una sola goccia fa sorgere un sole più dolce.
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