Primo pensiero.

Non è da tutti ritrovarsi una biografia di 700 pagine.

Per dire, James Brown si è fermato a 250, John Lydon è arrivato ad un centinaio di pagine in più e Ray Charles che è Ray Charles ha di poco superato quota 400.

Per Joe Strummer, invece, l'amico e giornalista Chris Salewicz ha sfiorato quota 700.

Magari non tutte pagine imprescindibili – per me avrei sorvolato senza problemi sulla sbandata di Joe per il fenomeno Madchester ma solo perché quella scena mi faceva, allora come ora, abbastanza schifìo – e però la lettura fila che è un piacere, anche se, nella mia ignoranza, il lavoro di traduzione non mi è apparso sempre impeccabile.

Avrei potuto chiudere il libro subito all'inizio, quando Paul Simonon ricorda di Joe che gli comprò un paio di occhiali da pochi centesimi perché a detta sua lo rendevano un grandissimo figo (a chi è figo come Paul basta niente per esserlo ancora di più, esponenzialmente), e quella spesa però mise Joe sul lastrico e lo costrinse ad un paio di giorni di digiuno; proprio come quando Dee Dee, nella biografia dei Ramones scritta da Jim Bessman, raccontava di Johnny che ci mise i soldi per comprargli il primo basso e poi tirò la cinghia per qualche settimana; avrei potuto chiudere il libro subito all'inizio, ma mi sarei perso molte cose, tipo che pisciarsi sui polpastrelli li indurisce in quattro e quattr'otto e così la chitarra ed il barré non fanno più paura.

Ora, non so dire quanto conta la passione per Joe nell'essere stato talmente attratto nella lettura, però mi sento di consigliarla a tutti.

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Secondo pensiero.

Le autobiografie di chi ha scritto la storia della musica sono un conto, mi aspetto un bel po' di sana e divertente sbruffoneria da chi se lo può permettere, come dicevo pure nella paginetta per Willie Dixon; le biografie, specie quelle in memoria, sono tutta un'altra storia e troppo spesso ne viene fuori un santino da venerare che mi lascia un certo senso di incompiutezza.

Nel corso delle 700 pagine di «Redemption Song» va diversamente e alla fine della storia Chris tira logicamente e in modo inoppugnabile la morale che «... [dopo la morte di Joe] partirono quasi immediatamente le lodi sperticate. Ma quelli che conoscevano Joe Strummer, la rete internazionale di vecchi compari che avevano formato la posse sua e dei Clash, sapevano che non era affatto un santo. No, era una cosa assai più interessante. Se lo conoscevi lo amavi, ma saresti stato pazzo a non ammettere che era un tipetto difficile ...», per qualcuno molto peggio, uno str###o senza mezzi termini.

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Terzo pensiero.

Chi era Joe Strummer?

Quello che mi sento è che per un bel po' di tempo Joe Strummer è stato una persona diversa da John Mellor, la proiezione irreale, incrollabile e coinvolgente, per mascherare la fragilità e l'insicurezza, il senso di inadeguatezza.

John Mellor aveva un'estrazione borghese: cosa c'entravano Joe Strummer e la rivoluzione punk?

John Mellor ebbe l'infanzia e la prima adolescenza agiata: come poteva Joe Strummer, seriamente, reggere il paragone con disagiati come Johnny Rotten?

John Mellor si poteva permettere (e si permise, prima degli altri) una casa tutta sua: chi glielo faceva fare a Joe Strummer di condividere le prime occupazioni di Paul e Mick?

John Mellor era ben consapevole che i Clash, musicalmente, erano Mick Jones e Nick Headon: che gli passò per la testa a Joe Strummer per montare su ed estrometterli dal gruppo, finendo così una delle vicende più coinvolgenti nella storia del rock tutto?

C'è una cosa che mi ricorderò finché campo ed è quando, ad un certo punto della storia, uno di questi fighetti che si ritrovano rockstar senza un perché si para davanti a Joe e lui butta là una battuta «Sembra che hai successo colle donne» e quell'altro se ne esce con «Sei stato una rockstar pure tu, dovresti saperlo», allora Joe, visibilmente contrariato, ribatte così «Io non sono mai stato una rockstar, sono stato il portavoce di una generazione», prende e se ne va e lascia lì quell'inutile.

John Mellor non l'avrebbe mai detto e, infatti, alla prima occasione si scusò: Joe Strummer non l'avrebbe mai fatto.

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Quarto pensiero.

Chiunque sia, io a John Mellor e Joe Strummer voglio un gran bene, anche se non l'ho mai incontrato, non ci ho mai parlato, non gli ho mai scritto, insomma un perfetto sconosciuto.

Però a volte succede di affezionarsi ad un perfetto sconosciuto e mi piace pensare che accade solo per le persone belle.

Così come per la morte, che morire serenamente sia un privilegio per pochi.

John Mellor muore pochi giorni prima di Natale. Un paio di giorni prima ha passato la giornata con le due figlie nate dal rapporto colla prima compagna, gli hanno raccontato di come vanno gli amori, l'università, il lavoro; la sera prima si rtirova a tavola con Mick Jones e Paul Simonon, i Clash saranno indotti nella Rock'n'Roll Hall of Fame, ma di suonare insieme non se ne parla, le patetiche rimpatriate le lasciano ad altri; la mattina si alza tardi, a casa è da solo, allora s'imbacucca bene ed esce a passeggiare coi cani, dopo qualche ora torna a casa, è ancora solo, sbriga qualche faccenda, poi si accomoda in poltrona a leggere un giornale e finisce così.

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Pensierino finale.

Il 28 settembre è uscito e ieri ho comprato il doppio cd «Joe Strummer 001».

Dopo i Clash, è la prima cosa che ho di Joe Strummer e risentire la sua voce è stata un'emozione clamorosa.

Finito.

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