È un film che sicuramente tutti quanti avete visto: diretto da Christopher Nolan e uscito nelle sale quasi 10 anni fa; attori grandiosi, fotografia grandiosa, sceneggiatura grandiosa.
Una storia che, a prima impressione, può risultare intricata da comprendere ma, la quale, riguardando la pellicola più volte, ti entrerà dentro e non ne uscirà più.
Compatibile con la fisica quantistica, la trama di Interstellar segue una linearità temporale, la quale, ci fa ben capire di come la teoria della relatività dinasticamente parlando sia la genitrice della moderna fisica quantistica a loop.
L’universo è. Non accade. Non si sviluppa nel tempo. E, quando Cooper uscirà fuori dall’eternità, malgrado ne stia visualizzando solo una parte, interagirà con essa, come un tassello dell’infinito ossia un puzzle del destino.
Per questo motivo, i momenti circondanti lui e Murphy nella libreria e quando lui entra nel tesserato, sono collegati: presente, passato e futuro coesistono in un unico blocco e, nella mente dell’uomo: nella coscienza dove essi appaiono. E, scanditi dal tempo, ci danno l’impressione che esso sia scorrevole cronologicamente e linearmente.
La gravità, la quale si trova dentro il buco nero Gargantua, è la singolarità; ossia ciò che permette a Cooper di osservare l’universo: oltre l’eternità, nell’eternità, e di poter interagire con essa.
Cooper è il missionario. Il paladino scelto da Dio. Nel film, Dio è figurato attraverso l’espressione: “loro”; ma, (loro) altri non sono che gli stessi esseri umani-divini abitatori del futuro, interagenti con l’eternità in cinque dimensioni.
In questo film è rappresentato l’amore: come coadiuvante le scelte - quindi dell’arbitrio - con l’avvenire di ciò che si manifesta nel futuro; ricordandoci che, l’amore stesso, trascende il materiale - l’empirico - ma, non solo; l’amore stesso (prima inteso solo come convenienza). Noi siamo la manifestazione dell’amore trasceso che, nella nostra psiche, può essere pensato e, proprio perché può essere pensato, può trascendere come altro da sé e quindi essere pensato come convenienza.
Ce lo fa intuire la frase del Dottor. A. Brand, quando parla di trascendenza di quest’ultimo: conseguenza, l’amore non può essere convenienza ma, è la realtà che tiene unito l’universo tutto.
Federicocope per Debaser.
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