Quando una passione o un ideale diventano una vera e propria ossessione?

Una domanda difficile a cui rispondere, in quanto dietro nasconde una matassa di problematiche e riflessioni molto complicata da sbrogliare. Inoltre se al fanatismo si aggiunge la rabbia verso un mondo che non capisce le nostre idee e perciò ci relega sempre in una posizione d'ombra, fino a che punto ci si può spingere per far sentire la propria voce?

Stavolta Clive Cussler e Jack Du Brul affrontano un argomento spinoso, difficile da estrinsecare e lo fanno con il linguaggio diretto e semplice del romanzo d'avventura, un modulo interpretativo da molti considerato forse troppo banale, poco "alto" rispetto ad altri esempi offerti dalla letteratura mondiale passata e presente, ma alla fine esso ha il gran pregio di arrivare un po' a tutti, specialmente ai sognatori, quegli ormai rari esempi di individui che cercano ancora il sole dietro alle nuvole, che quando fanno scorrere gli occhi sulle pagine di un libro come quello che sto presentando ora, sentono il profumo dell'oceano, l'adrenalina di una battaglia oppure la dolcezza del bacio di una donna bellissima, per ognuno diversa ma per quell'attimo viva e reale come l'aria che si respira.

Un quadro romantico, certo, vecchio stile, obsoleto ma per alcuni, forse per pochi, un piccolo angolo di pace, dove negli occhi degli uomini si possono ancora scorgere ideali e sentimenti. Lo scenario della storia è l'Africa e si apre con il solito preambolo storico, per la precisione ci troviamo nel 1896, dove incontriamo un gruppo di uomini intenti ad attraversare il deserto del Kalahari, inseguiti da membri della tribù degli herero, ai quali hanno rubato un tesoro prezioso, conquistato con anni di sacrifici e sangue.

Terminato l'excursus nel passato, veniamo fiondati direttamente sul fiume Congo, dove gli uomini di Juan Cabrillo sono impegnati in una delicata missione per stanare la sede di un gruppo di ribelli, capitanati da Samuel Makambo, ricorrendo ad una finta vendita di armi, all'interno delle quali sono state piazzate delle cimici. L'operazione, che all'inizio sembrava essere andata a buon fine, degenera improvvisamente e da quel momento in poi la Oregon e il suo equipaggio verranno impegnati ad affrontare un sequestro anomalo, il recupero di una nave scomparsa da oltre un secolo e la minaccia di un pericolosissimo attentato di matrice ecoterroristica.

Da come avrete intuito i protagonisti della storia sono nuovamente i membri della Corporation, un'organizzazione paramilitare che, pur lavorando al di fuori del governo degli Stati Uniti, aiuta quest'ultimo (e chi può permettersi di pagarla) in missioni pericolose e ad alto rischio. Neanche in tal frangente Cussler e Du Brul si fanno pregare per quanto riguarda azione e avventura, costruendo una fitta rete di intrecci e sotto-trame che tengono il lettore letteralmente incollato alle pagine, specialmente quando Cabrillo si ritrova da solo nel deserto e decide, invece di aspettare i soccorsi della Oregon, di muoversi ricorrendo al paraski (per vedere cos'è leggete il libro!).

Nonostante ciò, però, il lavoro in questione nasconde anche un'altra anima, quella a cui facevo accenno all'inizio, cioè si pone l'obiettivo, oltre che di intrattenere, anche di far riflettere, senza patetismi o inutili retoriche, ma semplicemente mettendo in scena una situazione estrema e paradossale che scaturisce, però, da un ideale sostanzialmente buono e condivisibile, cioè quello relativo alla tutela dell'ambiente. Un altro filo conduttore dell'intero romanzo è la rabbia e l'invidia, sentimenti pericolosi ed infidi come un serpente che striscia furtivo nella notte pronto ad attaccare la preda e divorarla, infatti si fanno strada sornioni, avvelenano pian piano la mente, distorcono la realtà e alla fine lasciano la loro vittima vuota, persa ed impegnata in guerre inutili contro chi, quasi sempre, non c'entra assolutamente niente.

Certamente esiste anche una rabbia positiva, quella che spinge a rialzarsi ogni volta che si cade e a combattere, senza mai arrendersi, ma non è di questo che i due autori vogliono parlare, bensì spostano l'attenzione sul lato oscuro dell'uomo e del suo dolore verso il mondo, il tutto però condito con quella leggerezza e quell'ottimismo che fanno di un buon romanzo d'avventura quella sorta specchio in cui il lettore può vedere una realtà diversa, in cui i buoni alla fine ce la fanno, gli amici sono onesti e i sogni non sembrano poi così irrealizzabili.

Ora vorrei chiudere questa mia (forse ultima) recensione con una frase pronunciata dal capitano Cabrillo a pagina 465 di questo romanzo: "Per ottenere cambiamenti bisogna dare alternative, non ultimatum". Queste parole mi hanno colpito, non so bene perché, ma lo hanno fatto e alla fine ho deciso di condividerle con voi (che magari non leggerete mai "Skeleton Coast"), senza uno scopo ben preciso, così, solo perché mi andava di farlo; prendetelo come lo stupido vezzo di uno scribacchino dilettante, che si diverte a leggere ed ascoltare musica al solo scopo di continuare ancora a sognare.

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