Tra i lampi più radicali del leggendario progetto Coil, "The Restitution Of Decayed Intelligence" è voce enciclopediaca di astrazione totale, viaggio cerebrale, manifesto del genio di due - qui anche Ossian Brown - personaggi giganteschi nella storia della musica, cosi come in quella della sperimentazione; personaggi abituati ai sotterranei più nascosti, sempre con lo sguardo avanti, capaci come pochi di evolversi in continuazione e di esplorare le strade più tortuose una volta uscitane fuori.
Sabbie mobili e carboni ardenti più che altro: clamoroso tecnicamente, assurdo rumoristicamente, assolutamente incatalogabile in qualsiasi genere preconfezionato esistente. E' il bello della sperimentazione tramite mezzo elettronico, le possibilità sono praticamente infinite; si puo sperimentare pesantemente anche in campo acustico, un Jon Hassell lo ha dimostrato parlando in questo caso della tromba, ma con lo strumento elettronico l'artista puo plasmare il suo suono come meglio vuole, l'espressività non conosce limiti, si hanno in teoria miliardi di soluzioni e suoni diversi. Miliardi di miliardi con l'avvento delle tecnologie digitali. E questo ne è uno degli esempi più concreti: se con Hassell sai infatti di trovarti comunque una piattaforma solida cui porre sperimentazioni con la tromba, con deliri del genere non sai mai a cosa andrai incontro, equivale all'entrare in un interminabile buco nero, precipitare per metri, metri e metri, senza mai sapere quando, e dove, finirà.
Con queste ultime righe è in pratica descritta l'opera, un'opera gelida, sconnessa e nervosa quanto avvolgente e statica nel suo tunnel elettronico. Non esiste una nota che sia una. Non esiste nemmeno il rumore se per questo. E' un corpo morto allo stato di decomposizione, e osservarlo è così strano, pensando a cosa, e chi, potrebbe esservi stato un tempo, dietro quel cumulo di materia organica, quale vita, quali storie. E' un'opera forse meno ambiziosa ma certamente non meno comunicativa dell'altra monumentale produzione targata Coil, probabilmente non per tutti, l'edizione ultra limitata lo conferma. Uno, due, tre suoni di base, destrutturati, spaesati, (de)portati in viaggio con mezzi tutt'altro che accoglienti, abusati e dilatati fino a giungere progressivamente ad una tempesta di lame metalliche affilate, malsani affreschi rumoristici, spasmi industriali, metronomie elettriche. Agonia. Difficile, arduo, praticamente impossibile provare a descrivere i due lunghi brani, più audio-sculture free con vita propria che brani, una vita incerta e tormentata, dove non esiste quantizzazione, forme strutturali, armonie, arrangiamenti, ripetizioni. Tutto è affidato ad un'evoluzione minimale e lacerante, vertiginose digital-suite che adornano il buco nero, e che aldilà di ciò che comunicano, quindi da un lato prettamente estetico, se affascinati dalle forme di vita sonore in quanto tali, stargli dietro è fantastico, come i soli di Hendrix per un appassionato chitarrista.
"The Restitution Of Decayed Intelligence" è un opera che lascia completamente senza parole. Come e dove finirà questo tunnel? Se ne uscirà ancora vivi? Intanto precipitiamo.
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