I Cold di Jacksonville affrontano la fatidica seconda prova, con l'uscita di questo enigmatico, cavernoso ed irritato 13 Ways To Bleed On Stage.

I cambiamenti radicali apportati alla lineup, risultano vincenti con l'ingresso del chitarrista Terry Balsamo (famoso performer già al fianco dei Limp Bizkit sul palco e successivamente con gli Evanescence) e con la scelta del leader Scooter Ward di dedicare le sue energie soltanto alla stesura dei testi e al microfono, abbandonando così quel ruolo di chitarra ritmica adottato in precedenza.

L'aggettivo scelto per descrivere l'album è secondo me azzeccato, poiché la cripticità dei testi mostra diverse interpretazioni e soprattutto diversi stati d'animo all'interno dei brani, che considerevolmente affascinano l'ascoltatore.

L'inizio del nuovo millennio vede la nascita e il propagarsi di moltissime band come Cold e Staind, che affiancano nuovi approcci alla metodologia già sentita negli episodi del decennio passato, forzando un po il tutto. Non sempre riuscita infatti la scelta di affrontare la composizione in tal modo, secondo il mio parere.

Tredici sono le emozioni e i (ri)sentimenti nascosti nell'animo tormentato che si cela dietro la penna: ansia, sottomissione, alienazione. La rabbia nei confronti della droga che rapisce, ma anche la sensazione di inadeguatezza nei tanti episodi che rimandano alla mente quell'ombra, che prima o poi, si posa sulle note delle canzoni nonostante la ricerca di luce.

E allora scorri le pagine e ti imbatti in questo intro di batteria accompagnato dal finto buonismo che ben presto si dissolverà gettando via la maschera:

I can taste your innocence, young and sweet like mother made ya.

No One, con Sierra Swan nel ritornello, alla ricerca di volti autentici, e il finale Bleed con Aaron Lewis che è una vera e propria dedica/preghiera alla musica (traccia che infatti si rivela la più semplice e composta dell'intera opera, valida).

E lo stile della new entry, con quelle note malate a intermittenza apre le danze nello scenario di una desolazione post-apocalittica con End Of The World e tutte le sue reminescenze di sbronze, furia e passione in cerca di nuova vita.

La differenza sostanziale tra questo disco e l'esordio targato Cold, è la compostezza con la quale il viaggio si compie. Semplicemente un brutto incubo che termina con un amaro risveglio, reale e palpabile.

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