Ero solito bazzicare Debaser quando ancora c'era lui: il grande ed unico elenco di dischi recensiti.
Poi i tempi cambiarono. Il diavolo creò la minigonna e con essa arrivò anche la colonna delle recensioni cinematografiche.
Capii così che stavamo entrando in un nuovo periodo storico, più fresco e moderno, e decisi di unirmi all'onda scrivendo qualche recensione oculistica (che non ha nulla a che fare con le diottrie).
Infine, proprio perché tutto scorre, venne abbattuto il muro di Berlino, Bush evitò una scarpata in faccia ed infine fece il suo trionfale ingresso in homepage la colonna delle cosiddette recensioni interiori.
Senza cercare di spiegare il perché la colonna dei libri è definita interiore (e quindi a rigor di logica suppongo che quella dei dischi e dei film sia la esteriore), mi appresto a lasciare la firma anche nell'ambito della carta stampata: ho deciso appunto di recensire un libro.
E il modo migliore di farlo è quello di recensire qualcosa di assolutamente stupido e futile. Ma che in fondo in fondo può salvare la vita se si è in un paese straniero (tranne la Francia, dove se chiedi qualcosa in inglese ti dicono che capiscono solo il francese, ma se poi parli in francese ti dicono che la tua pronuncia non è assolutamente all'altezza, e quindi devi parlare inglese.)
Dunque è per questo che, brevemente, tanto per perdere tempo io e anche un po' voi, vi presento oggi il mitico "Dizionario Oxford Study (Inglese-Italiano / Italiano-Inglese)".
Per capire l'importanza di questa opera, dobbiamo andare molto indietro nel tempo. Precisamente a questa mattina. Infatti ero sceso per prendere il latte ed ero lì che camminavo fischiettando quando Johnny Sentenza mi ferma e mi dice:
"Hey, ragazzo, cos'è quella cosa che sporge dalla tasca del tuo cappotto?"
"Beh, signore, è il mio Dizionario Oxford!" - gli ho risposto a testa alta.
"Oh, buon per te, figliolo! Pensa che una volta quel dizionario mi ha salvato la vita!"
"Davvero?" - replicai sbigottito - "E come?!"
"Beh, una volta un tale mi diede un pugno molto forte sotto lo stomaco. Ma visto che nei pantaloni avevo infilato il mio fido Dizionario Oxford, esso mi fece da scudo e il pugno dell'uomo non mi fece alcun male. E così quell'affare mi salvò la vita bassa e lo stomaco!"
Poi, con un cenno della testa ci salutammo. Ed adesso io mi ritrovo qui a scrivere questa recensione mentre ho sentito che Johhny Sentenza l'hanno crivellato di colpi in una discarica qui vicino. Ma questa, in fondo, è un'altra storia. Torniamo al dizionario.
Come potete vedere dall'immagine (che è di una versione più recente rispetto alla mia - comprata con le vecchie lire), appare innanzitutto chiaro che questo dizionario ha il potere di portare la felicità a chiunque lo usi. Non vedete la cultura e l'eleganza che traspare dai sorrisi di quei ragazzi? Come a dire: "Sì, conosciamo l'inglese! E se capita rimorchiamo pure!"
Poi è senz'altro interessante citare i nomi di coloro che hanno permesso a quest'opera di venire al mondo: Colin McIntosh (curatore) e Michael Ashby (fonetico). Tanto per la cronaca, ho cercato queste foto su google e quindi è possibile che siano degli omonimi, ma tuttavia l'alta dose di serietà che traspare dai volti delle persone in foto mi ha convinto a lasciarle.
La mia edizione è del 1998, quindi nel frattempo il linguaggio inglese si è arricchito di nuove ed eleganti parole (cose tipo double bag-girl oppure sonaffabbitch). Ma tuttavia questa edizione resta, anche per la critica letteraria, un po' la pietra miliare della lunga e storica saga dell'Oxford Study.
D'altronde lo si capisce da alcune caratteristiche strettamente "tecniche" che ho deciso di segnalarvi:
1 Nelle prime pagine del dizionario c'è il disegno di un tale col naso grosso che si chiede: "How can the Oxford Study help me? ", e tutti quanti noi lettori siamo curiosi quanto lui di risolvere il dilemma. Gli autori lo risolvono facendo centinaia di esempi e spiegazioni leziose su come consultare il tutto; ma in fondo noi sappiamo che è solo un dizionario, e quindi lo apriamo senza farci troppi problemi;
2 A metà dizionario, per dividere la parte "Inglese-Italiano" dalla "Italiano-Inglese", i mitici due signori di cui sopra hanno deciso di inserire delle gustose schede di lavoro: tra le tante ce n'è una che spiega come è l'alfabeto telefonico in inglese: mentre in italiano, quando dobbiamo fare lo spelling del nostro nome al telefono, di solito usiamo i nomi delle città, in inglese si usano i nomi propri di persona. E allora scopriamo estasiati che TEO non è più Torino-Empoli-Otranto, bensì Tommy-Edward-Oliver!
3 Alla fine del dizionario vengono sfoderate una dopo l'altra tutte le unità di misura tipiche della terra d'Albione: parole curiose e temibili come gallone (grande animale da pollaio), pollice quadrato (trattasi di persona malformata), e mancava tanto così che non ci fossero anche il naso sferico e il sedere sarcastico;
4 Come non citare, infine, la prima e l'ultima parola del dizionario:
"A": A for Andrew = A come Ancona; Awful begins with an "a"!
"Zuppiera": soup tureen.
Puntualizzando che l'ultima parola non era un insulto in milanese, direi che la recensione finisce qui. Molto altro ci sarebbe ancora da dire, ma come recita il detto: "La divina commedia è meglio leggerla che analizzarla (oppure sentite direttamente Benigni)". Quindi vi invito ad acquistare la preziosa opera qui recensita, pronti ad iniziare questa nuova settimana all'insegna del buonumore e del sorriso! Oppure iniziatela e basta, tanto a fare azioni meccaniche ogni giorno siamo costretti...
Un saluto alle vecchie bandiere del sito, e come disse qualcuno: "Che Dio t'assista!" (e come tradusse qualcun altro: "That God Taxi Driver!").
DanteCruciani.
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