Storia tecnica e tattica del gioco del Calcio in 5 partite (e digressioni di costume, politica, società e altre facezie scelte per voi dalla sensibilità del recensore)

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Capitolo II

(dove si racconta di come il Calcio oltrepassò la Manica divenendo fenomeno intercontinentale, di come gli inglesi finirono isolati e di come l'ironia si abbatte sempre sulla Storia)

Nella precedente recensione abbiamo dato testimonianza dell'istituzionalizzazione del gioco del Calcio, avvenuta in Albione a cavallo del XIX e XX secolo, e della formalizzazione della prima tattica di gioco (il "WM"). Oggi amplieremo il nostro sguardo ben oltre la Manica: in effetti anche prima della "Rivoluzione del Fuorigioco" (1926) il Calcio, grazie alla propria intrinseca semplicità di comprensione e attuazione, vide una rapida diffusione internazionale, dapprima in nazioni legate all'Impero Britannico (la prima federazione extra britannica a nascere fu quella neozelandese nel 1892) e via via prima con il Sud America e con gli stati dell'Europa Centrale e Meridionale e successivamente con il resto dell'America Latina e dell'Europa. Asia e Africa, nonostante la nascita anche in quei continenti delle prime federazioni nazionali (del '21 la fondazione della federazione egiziana) rimasero (almeno fino agli anni '80 del XX secolo) "al palo" (un discorso a parte meriterebbe il Nord America, in particolare gli U.S.A., ma che tratteremo nel prossimo capitolo). La cosa interessante è che se in Africa il "nuovo" sport ebbe nell'immediato scarso successo per le evidenti difficoltà "ambientali" e culturali (accentuate dalla violenza del colonialismo europeo) invece in Asia a porre ostacoli furono la politica isolazionista delle tre grandi nazioni dell'Estremo Oriente mentre sul fronte del subcontinente indiano (ancora adesso, nel 2011, bacino refrattario alle sirene calcistiche) l'affermarsi di altri sport di matrice britannica (il Cricket su tutti) crearono un confine invisibile ma ancora adesso effettivo. Sull'asse Europa-Sud America quindi il Calcio pose le fondamenta (asse che "politicamente", tecnicamente e tatticamente sembra durare anche oggi nonostante gli sforzi, spesso al limite del buon senso, della FIFA) ma è fondamentale dire che almeno fino agli anni '50  il continente americano fu certamente fucina di talenti (prova ne è la formidabile finale del Primo Mondiale, 1930, che però vide l'assenza di molte nazioni europee) ma che le svolte tattiche (e diciamolo pure, anche organizzative a livello politico) germogliarono soprattutto nel Vecchio Continente. 

Partendo dal 1902 del 5 a 0 dell'Austria sull'Ungheria, prima amichevole internazionale non disputata nel Regno Unito (0-0 tra Scozia e Inghilterra nel 1872) passando per il 1904 (nascita della FIFA, come sempre con la Gran Bretagna non presente...successivamente, 1946, furono costretti a cambiare idea) e arrivando al primo vero e proprio torneo internazionale di Calcio (la IV Olimpiade dell'Era Moderna) si può dire che a livello esclusivamente popolare il "nostro"varcò decisamente i confini d'Albione ma per la consacrazione tecnico-tattica si dovette aspettare almeno fino agli anni '30.

Infatti se, come visto, nel Regno Unito imperversava il "WM" quasi contemporaneamente (sempre evolvendosi dalla "Piramide di Cambridge") in due paesi, che di li a poco avrebbero condiviso (Austria e Italia) un triste destino, stava prendendo strada il così detto "Metodo": incarnato nei rispettivi ct (Hugo Meisl e Vittorio Pozzo) questo modulo di gioco fu la risposta europea all'introduzione della regola del fuorigioco (come detto il "WM" lo fu in Inghilterra) e prevedeva, forse per la prima volta nella Storia, un agonismo che spesso metteva in secondo piano le proprietà di palleggio, una linea difensiva compatta che alle ripartite preferiva i lanci lunghi a scavalcare il centrocampo ed un uso sistematico e spietato del contropiede. Nel giro di un lustro la Gran Bretagna aveva perso l'egemonia tattica mondiale e doveva ora condividerla con due nazionali "emergenti": anche se l'Inghilterra in quegli anni non partecipò a nessun Mondiale (ad approfittare del fatto furono gli italiani con due Mondiali e pure un'Olimpiade nel giro di 4 anni: in quest'ultima era presente una formazione unificata Britannica) una serie di amichevoli (soprattutto il 4-3 con cui il Wunderteam fu sconfitto, nel '32, ma tra gli applausi inglesi e la Battaglia di Highbury  del '34) in cui le tre nazionali si incontrarono stabilirono che ormai il gap era annullato. 

"WM" e "Metodo" vissero anni (almeno una quindicina)  di gloria e fecero nascere i primi dibattiti "tattici" del mondo del pallone: va detto che, ironia della sorte, fu proprio una squadra italiana (il Grande Torino) a far pendere le sorti a favore del primo a scapito del secondo ma, di li poco, anche il "WM" fu mandato in soffitta e nel modo più clamoroso possibile ma, come al solito, questa è un'altra storia.

15 Agosto 1936, Olympiastadion (Berlino, Ger): Italia-Austria 2-1 (d.t.s.) (Il Tabellino)

Le Olimpiadi del '36 nelle intenzioni tedesche dovevano essere la celebrazione dell'organizzazione e della superiorità ariana sulle altre razze (ma che le Olimpiadi spesso esulino dal proprio proposito capita spesso: si pensi a 60 anni dopo quelle "organizzate" da una famosa bibita) ma Hitler & co. subirono in quell'edizione ben due "scorni". Il primo fu portato da Jesse Owens, il secondo dal Torneo di Calcio dove i tedeschi ricevettero un'ammonizione dalla Storia facendosi eliminare (0-2) nei Quarti dalla Norvegia (poi terza) facendo peggio di Austria (seconda) e Polonia (quarta e con quest'ultima ad eliminare con un bel 5-4 la Gran Bretagna). Anche allora le sterili polemiche professionismo-dilettantismo (ricordiamo che Pierre de Coubertin era il prototipo del "classismo" e l'unico motivo per cui difendeva il dilettantismo era perché così precludeva le Olimpiadi a chi aveva bisogno di essere professionista per campare di solo sport: i ricchi/nobili non ne avevano bisogno quindi per loro lo status di dilettante era più che accettabile) imperavano quindi le varie nazionali dovettero mandare rappresentative "mascherate" da studenti (quella italiana era composta da universitari che guarda caso militavano quasi  tutti nel massimo campionato anche se non erano certo giocatori di prima fascia), tra l'altro la cosa vige tuttora e il torneo calcistico maschile è l'unico che ancora non abbandona certe ipocrisie (per motivi solo economici ipocrisie adottate talvolta anche dalle rappresentative di Baseball, Basket e Hockey statunitensi). Nonostante ciò il commissario italiano (Pozzo) seppe dare lo stesso rigore tattico che fruttò il Mondiale del '34 (anche se quella vittoria fu "agevolata" anche da condizioni "ambientali") ma il il cammino non fu certo facile (solo i Quarti contro il Giappone furono senza patemi) soprattutto la finale che vide gli azzurri opporsi agli austriaci, come detto rivali consueti di quegli anni. La partita fu combattutissima e decisa nel giro di venti minuti (l'ultimo quarto d'ora dei tempi regolamentari e i primi cinque minuti del primo supplementare) e giocata in un ambiente nettamente favorevole agli austriaci (la leggenda narra che, negli spalti, l'unico a tifare per gli italiani fu proprio Jesse Owens)  ma soprattutto passò alla Storia come massimo esempio (insieme alla semifinale mondiale che le due squadre giocarono due anni prima) del "Metodo" come modulo di gioco nonostante le due formazioni non furono quelle "classiche" e che in panchina del Wunderteam non ci fosse Meisl. Anni in cui la tattica poteva vincere contro la tecnica e l'agonismo.

 

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