Da "Witchcraft" (passatemi l'abbreviazione), a "Blood on the snow" è un po' come andare da "The Conjuring" a "La casa nella prateria". Sicuramente quegli anni infestati dalla famiglia Manson, il culto della persona sopra ogni cosa, l'ostentazione di un satanismo dall'acre sapore grand guignolesco sono stati forieri di grande censura. La cui scure si deve essere per forza di cose abbattuta veemente sui Coven e sul loro anticipare tutto un mondo. Il gesto delle corna, i riti per Lucifero, la donna nuda e insanguinata, le croci capovolte, set fotografici che Steve Sylvester ha sicuramente ammirato e chi più ne ha più ne metta. E cosa ne viene fuori? Un demonio suonatore in copertina, dei testi un po' allusivi un po' no e una musica che davvero, signori, davvero non sembra generata dalla stessa band che aveva inciso su vinile una messa nera nell'album precedente.

Cosa resta qui del proto-doom, dell'occult rock, di quell'accenno di psichelia in salsa maligna, di quei sermoni da rituale orgiastico? La voce di Jinx, quella sicuramente. E poi? E poi il resto suona come un'operetta perfetta per incorniciare ricordi dolci, un'etica mormone, un senso composto del divertimento. La sensazione è quella di trovarsi in una cameretta avvolta in una perfetta carta da parati floreale anni '60 (nonostante siamo nel 1974), con un bellissimo armadio bianco. Sembra la cameretta di una ragazzina educata e delicata. Ma se apri l'armadio, c'è Satana dentro. Questa cosa non la dice nessuno di questo album e forse è solo una mia suggestione. Ma "Blood on the Snow" è come l'apparenza. Quell'apparenza costruita su solide basi di menzogna e questa cosa probabilmente è molto diabolica. È un disco che suona felice e contento, con ottima musica pop rock. Sembra a tratti rasentare la banalità in alcuni passaggi ma ad ascoltarlo bene non è così. Ad ascoltarlo chiudendo gli occhi, per me spalanca le porte di un incubo di Allan Poeiana memoria. "Blood on the snow" è quella famiglia che va a messa la domenica, ammirata da tutti, ma che tra le quattro mura dell'inferno domestico dà il peggio di sé. Una bellezza seducente a prima vista per la sua semplicità, che cela dentro di sé ciò che di più macabro esista.

Un'evoluzione del male annidato dentro un disco che vuole sprigionarne forse più del primo. Quel "Witchcraft" che aveva esplicitato senza filtro alcuno l'adorazione per il demonio in maniera così teatrale da poter sembrare farsesca. "Blood on the snow" è un film dell'orrore dove il male non lo vedi mai, ma lo percepisci sempre. E per questo, a mio avviso, è un album da ascoltare. Oppure no, forse meglio di no.

Elenco tracce e video

01   Don't Call Me ()

02   This Song Is for All You Children ()

04   Blue Blue Ships ()

05   I Need a Hundred of You ()

06   Hide Your Daughters ()

07   Lost Without a Trace ()

08   Easy Evil ()

09   Blood on the Snow ()

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