Di questi tempi, accadono cose a dire poco incredibili.

Senza fare troppe storie (e ce ne sarebbe da stare a farne di storie, credetemi), ritengo che la cosa più divertente quanto ridicola sia la progressiva commercializzazione di sottogeneri che fino a tre anni fa apparivano ai non addetti ai lavori come sterco fumante. Inutilità in-interpretabile!

Ma quella stessa gente, una volta buttati via i dischi o gli mp3 non più adeguati al passo che questi istanti della vergognosa storia umana scandiscono, ha ora drammaticamente preferito votarsi a generi come stoner, doom, sludge e drone, suscitando nella mia inutile persona una ilarità ed una perplessità che molto spesso mi inducono a domandarmi se io stesso in fondo, non sia il frutto del medesimo processo di fortificazione culturale che il mondo occidentale ha silenziosamente posizionato in una così oscura ed ambigua nicchia del mio (e del vostro) cervello.

Eventi come il Roadburn, creato a Tillburg nel 1995, fino a cinque o forse sei anni fa, vedevano riunire l'interesse di pochi ma pur sempre consapevoli eremiti. Ora, appaiono tutt'al più momenti vicini a quelle aperture domenicali inerenti ai centri commerciali della bassa padana.

Mi vedo allora costretto a dire qualcosa che da troppo tempo tengo in serbo, a costo di sembrare patetico o moralizzatore, e non che pretenda di salvare un mondo di per sé già condannato..

La parola magica è una soltanto: è finita!

In Sudamerica, mentre migliaia di banducole euro-americane da strapazzo tentano di inserirsi in pazzeschi e cinematografici corsi d'opera mediatico-pubblicitari devastando il doom, lo stoner e qualsiasi altro genere attualmente attribuibile ad un enorme appeal per il mercato, sta succedendo qualcosa di genuinamente incredibile.

Questa cosa, a mio parere così straordinaria, è riconducibile al fatto che quelle persone stanno dimostrando che a poco a poco, senza strafogamenti vestiari e/o produttivi, l'importante per attirare l'orecchio è saper fare una e una sola cosa soltanto: suonare. E bene anche!

I Coyotes ne sono una degna, probabilmente troppo umile, ma pur sempre dignitosa rappresentanza. Originari di Còrdoba (Argentina), con due soli brani prodotti nel Marzo di quest'anno il trio in questione dimostra che 1000 riproduzioni per Iris (prima traccia), e Atlantica (seconda traccia), sono numeri a mio avviso non proporzionali alla straordinaria cura strumentale con cui dopo secoli, lo stoner torna ad essere ciò che è sempre stato: musica da deserto, certamente accompagnata dall'impiego di sostanze naturalmente dopanti quanto dilatanti, ma altrettanto distensiva e lontana dagli accecanti palchi del fantasmagorico continente nord-amero-europeo.

Linee melodiche nette, chiare, ruvide e calde come il vento andino, sollevano qualsiasi dubbio sullo scopo dell'omonimo Ep (Coyotes Ep, 2013): fare una più che adeguata figura rispetto alla rappresentazione di un genere che nel nostro continente stanno cominciando ad ascoltare (e purtroppo anche a suonare) persone a mio modo di vedere distanti milioni di anni luce da habitat musicali così caratteristici e in un certo senso, puri.

Cosa unica è poi il cantato in lingua ispanica, dimostrazione che l'inglese è senza dubbio foneticamente musicale e sovrapponibile a qualsivoglia struttura sonora, ma non è certo quella monorotaia compositiva a cui si deve necessariamente ricorrere per attirare l'attenzione della prima porno-groupie di turno: lo spagnolo si adagia molto bene (forse meno delle sue possibilità nel caso della band in questione) ad un genere come lo stoner, dimostrando che c'è addirittura bisogno di dover andare a cercare dall'altra parte del mondo per trovare finalmente una scena 'sana', spontanea e vera, reale e palpitante, come il cuore di un infante pronto a dire la sua dopo un decennio di silenzio.

In questa porzione sociale ed economica fallimentare di mondo, la NOSTRA, in cui tutto trova sfrontatezze e nefandezze quotidiane come unica risposta alla degenerata (non) libertà di espressione, in un lontano continente dimenticato dal potere del denaro e del commercio, qualcuno (e non così poca gente, credetemi), sta dando forma ad una scena sudamericana in cui le alternative al metal sembrano essere molto ben impacchettate e degne di essere ascoltate.

La mia verrà interpretata probabilmente come una sterile polemica radical-chic del cazzo.

A tutte le persone che riterranno questa opzione valida, io rispondo raffreddando ogni ardore in questo modo.

Perchè qualcuno, ogni tanto, certe cose le deve dire..

..eccheccazzo..

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