Tonya e l'America. Tonya È l'america.

L'America profonda, più vera e pura di quella raccontata dalla ricca California, di Hollywood o della Silicon Valley.

Amata e odiata. Osteggiata da quell'America perbene e finta, o, meglio, finto perbenista (quella che oggi viene rappresentata da metoo o dai vari movimenti moralisti), dove l'immagine conta tanto - di più, a dirla tutta - quanto il talento. Perché pattinare in maniera anticonvenzionale, esuberante, con tutù fatti da sola, con ZZ Top o Heart in sottofondo non era l'immagine che l'America voleva dare di sé. "Interpretazione artistica", si chiamava, quel che si doveva dare oltre alla prova delle proprie capacità.

L'America di Tonya. Famiglie disfunzionali, white trash, hillbillies, straccioni e sboccati, provinciali, senza alto grado d'istruzione, politicamente scorretti e profondamente genuini. The other side of american dream. Quello non bello da pubblicizzare.

Tonya ora mito popolare, dopo una lunga e faticosa ascesa ai vertici del pattinaggio nazionale, culminato con lo storico triplo axel (seconda donna in assoluto in gare ufficiali e prima statunitense). Tonya poi al centro del celebre scandalo che la vedeva coinvolta, in maniera molto controversa e contorta, nell'aggressione ai danni della grande rivale Nancy Kerrigan. Tonya ora demonizzata, assediata mediaticamente, tradita, dileggiata ripetutamente. In quanto a velocità nel creare e distruggere eroi, gli americani non sono notoriamente secondi a nessuno.

I, Tonya tra i film più sorprendenti degli ultimi tempi. Tra quello con la madre e quello con il fidanzato-poi-marito Jeff Gillooly una dura gara a quale fosse il rapporto più malato e tossico. L'alternanza tra momenti quasi da cinema (finto) d'inchiesta, thriller/noir dai risvolti grotteschi e coeniani (ben più coeniano I, Tonya rispetto al sopravvalutato Ebbing), false interviste, ricostruzioni e drammatizzazioni, una riflessione potente sulla relatività del concetto di verità.

"There's no such thing as truth": mai concetto fu più azzeccato e pertinente. Nonostante questo, certamente il punto di vista previlegiato è quello di questa fantastica antieroina, con cui non si può fare a meno di empatizzare e verso la quale si fa fatica a non provare simpatia. Vessata fin dall'infanzia, asmatica e sportiva fumatrice incallita, costantemente sotto enormi pressioni derivanti dal suo ancor più enorme potenziale ed infine, irrimediabilmente, sola.

Film carico di un umorismo nerissimo devastante e senza sbocchi né consolazioni finali.

L'eterna contrapposizione tra l'essere un vincente ed un perdente, il concetto del dualismo Loser/Winner un'ossessione perpetua nella cultura americana. Oltre all'ossessione per la grande ribalta, la natura effimera e a tempo della celebrità, il pronto sciacallaggio dei media. Un bel pezzo di America è messo in scena in maniera mirevole, originale pur senza dire niente di nuovo, stupendamente sopra le righe.

Difficile trovare le parole per elogiare la performance stupefacente e monumentale di Margot Robbie, ricca di sfumature, meravigliosa sconfitta dalla storia oltre le proprie colpe, seppur chiamarla vittima non abbia senso tanto quanto colpevolizzarla. Colpevolezza o vittimismo non c'entrano niente in vicende come questa.

Vicenda tanto assurda, grottesca, contraddittoria ed allucinante che non poteva che essere reale. O quantomeno, ispirata alla realtà, con ovvie licenze filmiche. Poco importa quante e quali, perché l'essenza è qui rappresentata come meglio non si poteva.

Non che l'Oscar alla McDormand abbia lasciato spazio a recriminazioni, ma si avesse avuto più coraggio, darlo all'ex moglie di DiCaprio in Wolf of Wall Street e prossima Sharon Tate nel prossimo film di Tarantino, mi avrebbe fatto saltare quanto per la premiazione della strepitosa Allison Janney come miglior non protagonista.

Tonya e le storie americane.

Dopo Foxcatcher, un'altra storia americana, meno tragica certamente di quella del miliardario John du Pont e Dave Shultz, ma in cui, ancora una volta, la competizione sportiva, in ambito (anche) olimpico, fa da sfondo alle tante piccole e grandi miserie e frustrazioni dell'America di provincia. Un ambiente, quello sportivo, che è spesso tanto emblematico nel dischiudere la natura umana e dei rapporti come nient'altro.

Carico i commenti... con calma