Fieri idolatri della più fosca, pagana, unione/scontro dell’indefinibile acustico, i San Diego, caustici, destrutturatori Crash Worship, furono un mirabolante, spasmodico, audio-collettivo composto da due “tastieristi/rumoristi”, tre clangorici und tribaleggianti percussionisti, svariati “cantanti” e animatori, indi il suono-conducator, Jeff Mattson (che si “auto-celebra” nella delirante “Bring Me The Head Of J. M.”) alla "mega-lira", (specie di arpa deturpata, oblunga a dismisura); nella e dalla fine degli anni ottanta rappresenta(ro)no, senza marginalità d’errore, uno degli audio (et visuali) outfit più bizzarri, inintelligibili e magistralmente “OUT” mai partoriti dal panorama (parecchio) underground a strisce e stelle.

Non tanto e non solo per le eventuali (quantunque abbondantemente presenti) rumoreggianti efferatezze ivi contenute, quanto per la assoluta delirante free form-ità della spiazzante sonica, fluida ma corposa (anti)materia coniata e posta in vitae. Una non classificabilità di fondo davvero appagante, composita di un disadattante senso di imminente audio-apocalisse (umoristica ?), sorta di (de)generazione percussional-acustica - allo bradesco-stato - quella contenuta in questa singolare testimonianza “reale” in studio, datata 1995. Va sottolineato (a scanso di possibili fraintendimenti) che i “nostri” meccanico-adoratori delle deflagrazioni Ballard-iane, su rigido supporto fisico und trasportabile, riescono ad esporre (stima effettuata, sfortunatamente, per eccesso) un miserrimo 60% delle reali potenzialità audio-scardinanti percepite, nell’oramai lontano 1997, incredulamente, con le private nonché attonite origlianti orecchie.
Nonostante e consci di ciò, questo (davvero) maùdit (per dirla alla Tarantino) Volume II Triplo-Maniaco - di cui, non esiste, obviously, alcun primo episodio - inizialmente spiazza et intimorisce, solo in seconda, n-esima istanza tende a ripagare, con cospicui interessi, assai: il complessivo e complesso (nonché iper-compresso) acustico delirio/martirio rende attoniti non poco: contorsionistiche quanto decerebrate, martirizzanti commistioni percussiv/lisergiche mescolate e frammentate a improbabili rumorismi (creati talvolta con il solo ausilio di) gutturali: lancinanti grugniti, borbottii, fischi, gorgoglii di natura (forse) animalesca e/o non-terrestre. Parrebbe di intra-sentire, nei momenti più distinguibili e understand-abili, una sorta di parecchio-alternativi, lercissimi, Tambours Du Bronx in chiave low-fi (da profondità), triturati elettrostaticamente e sotto pesantissimo effetto/dipendenza di chissà quali, non note, sostanze allucinogene et psicotrope. “Night Shoe” fondamentalmente un audio-rituale (assai) pagano, incendia (e brucia se stessa, letteralmente) per deciso/scomposto reiterato percussivismo und ammaliante ribollente audio-materia sviluppata: sembra di assistere (in musica) ad una magmatica, vulcanica audio-eruzione. “Triple Mania I” (la traccia) suona come un felice coacervo di notturne, rumoriste tribalità ancestrali, mescolate a copiose acustiche dosi di inenarrabili ed inauditi effetti-strumentali, più che un semplice e percepibilmente-uditivo brano, una straniante esperienza extra-sensoriale.

Chi ebbe il piacere e la fortuna di apprezzarli in attività li definì efficacemente come “portatori” dello show (musicale) più “(s)co(i)nvolgente” del pianeta terra: ordunque sottraendo il già esplicitato (anche visuale, oltrechè suono-collidente) 40%, otterremo questo sconcertante, apocalittico, anarchico, lavoro Multi-maniaco. E non è poco, ve lo assicuro.

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