Chiudete gli occhi, fate un respiro profondo e immaginate un cinese che vuole chiedere informazioni in italiano ad un gruppo di Iraqueni trasferitisi in Lituania. Bene, ora immaginatevi un complesso norvegese che vuole fare Death Metal Old School, intendo dire quello a stelle e strisce; come potete notare senza molti problemi ci sono un sacco di analogie con il precedente diorama, ma purtroppo non abbiamo tempo per divertirci tutti insieme giocando a “trova la differenza”.
Chiunque abbia una conoscenza approssimativa del metal estremo capirà che gli scandinavi stanno al Death Metal Classico come i Savoia stanno all’Italia; entrambi sono esecrati ma in un modo o nell’altro la fanno sempre franca. Infatti, pur essendo manifesto che i Norvegesi dovrebbero limitarsi a suonare Black Metal o, al limite, Melodic Death, i Criterion e tanti altri si buttano su un genere che nella loro terra non ha un passato (e quello che ha non è dei migliori, ogni riferimento ai Cadaver è puramente casuale) né un futuro. Ed ecco che ultimamente spuntano come funghi gruppetti Brutal Death come Immersed In Blood, Spawn Of Possession, Visceral Bleeding e altri ancora che contribuiscono notevolmente a deprimere ulteriormente la già piatta scena del Death mondiale; la particolarità di questi complessi è infatti la più totale assenza di guizzi e un rigorismo esagerato nel seguire gli schemi e nell’eseguire le canzoni. Il risultato? Una Brutal Lullaby (ninna nanna Brutal) della durata di trenta o quaranta minuti per disco in cui viene riproposto quanto fatto oltre Atlantico negli ultimi quindici anni.

Messi sotto contratto dalla Morbid Records, i Criterion si sono subito messi al lavoro e nel 2005 hanno dato alle stampe questo “The Dominant” , un anello della catena di dischi della quale sopra. A differenza degli altri gruppi citati (che suonano Brutal Death), i nostri si rifanno al Death floridiano dei primi novanta e in particolare a gruppi come Monstrosity, Morbid Angel, Malevolent Creation, Deicide e naturalmente i Death (periodo “Human” - “Individual Thought Patterns” ).
Le influenze di quest’ultimi emergono chiaramente nei solos il che potrebbe essere interpretato come dato positivo o negativo: insomma sentire il primo cazzone che scimmiotta Chuck Schuldiner fa un po’ prudere le mani, ma in fin dei conti lo scimmiotta assai bene quindi l’arrabbiatura passa in fretta. Le canzoni però si susseguono senza brividi, una più piatta dell’altra in pieno stile Vomitory (giusto, mi ero dimenticato di citarli tra i True Death Metaller falliti); un riffing veramente stucchevole si sposa con una batteria analoga, eccezion fatta per qualche lampo di genio, purtroppo di breve durata, del chitarrista (come il bell’arpeggio semi melodico in “Demoniac Replacement”). Il batterista, rispetto ai suoi colleghi, è decisamente inferiore ai suoi colleghi anche se se la cava in maniera dignitosa; idem dicasi per il cantante dotato di un growling monocorde (con eccessiva eco per i miei gusti) e ripetitivo.

La produzione è buona, ma come per tutti i dischi di questi gruppacci nordici è inadeguata al genere, troppo inconsistente e poco “maschia”. E quel che è peggio è che secondo il Diritto Metallaro rientra nei miei doveri dare la sufficienza a questo disco; la più completa catatonia compositiva e delle lyrics stupide non bastano ad affossare questo cd che è forte di uno svolgimento pulito e di alcuni passaggi che lo contraddistinguono minimamente dagli altri dischi di origine non controllata e non garantita (vale a dire tutte le boiate di questo tipo ma ancora più brutte).
Una sufficienza stiracchiata per un gruppo che si trincera dietro alla correttezza esecutiva per supplire ad una palese mancanza di idee; sconsigliato ai fan esigenti ed ai parsimoniosi, consigliato ai milionari, agli scialacquatori, ai collezionisti di mediocrità, ai metallari che hanno bisogno di un cd da attaccare sul lunotto della Panda per eludere l’ autovelox e a chi si accontenta di un sei meno come questo.

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