Mai sottovalutare David Tibet; mai trascurare l'uscita discografica apparentemente più insignificante targata Current 93.

Come "Inerrant Rays of Infallible Sun (Blackship Shrinebuilder)" era stata l'appendice concettuale del monumentale "Black Ships Ate the Sky", "Birth Canal Blues", uscito nel 2008, costituisce la premessa ideale per "Aleph at the Hallucinatory Mountain" ("Adam stands on the setting mountain..." recitano, non a caso, i primi versi dell'intensa opener "I Looked to the Southside of the Door", dove Tibet inaugura il concept su cui troveranno fondamenta le architetture liriche e sonore dell'ultimo imperdibile full-lenght).

"Birth Canal Blues" è un altro lavoro breve, ma per i contenuti e per le emozioni che sa elargire non è certo da considerare un episodio minore, tanto che possiamo affiancarlo ai leggendari ep di inizio anni novanta ("Lucifer over London" e "Tamlin", tanto per intendersi).

Accompagnato dal solo elegante pianoforte di Baby Dee e dall'elettronica minimal di Andrew Liles e Rob Sands, David Tibet accentra l'attenzione su di sé, sulla sua peculiare ed inimitabile interpretazione vocale.

Accantonati gli impeti elettrici di certi episodi di "Black Ships Ate the Sky" e del roboante split con gli Om, la Corrente torna sui solchi dolenti ed introspettivi di lavori come "Soft Black Stars" e "Hypnagogue", ma lo fa con una rinnovata verve, che in certi frangenti fa riemergere la truce brutalità dei lavori dei primi anni ottanta.

Basti pensare alle voci distorte presenti nel secondo brano "She Took us to the Place where the Sun Sets": dei concentrati di violenza e malattia sonora tali da azzerare in un sol colpo tutto il black metal e tutte le derivazioni possibili di quella sorta di post-extreme metal tanto in voga oggi (Today is the Day, Khanate, cazzi e mazzi). Cotanta violenza, attenzione!, spalmata sul passo leggiadro e classicheggiante di un pianoforte: cocktail che rende ancora più straniante ed incatalogabile la proposta della Corrente.

Pensiamo, per esempio, ai rantoli sbilenchi, ondeggianti, altalenanti, sempre effettati, che animano il terzo, grande brano "The Nylon Lion Attacks as Kingdom": una visionaria ballata che è in grado di portare elementi di novità nella pur vasta e ricca di sfumature discografia della Corrente e che fa di Tibet un artista unico ed imprevedibile, ma sempre fermamente coerente alla sua personalissima concezione artistica.

Un plauso particolare va riconosciuto al lavoro di Baby Dee ai tasti d'avorio, una performance che a tratti si fa struggente, in altri drammatica, ma sempre percorsa ed animata da una profonda vena poetica che sembra voler adombrare il talento della pur mitica Maya Elliott, pianista storica dei Current, e coautrice di album immortali come "Soft Black Stars"

In soli venti minuti, in soli quattro pezzi, Tibet dimostra tutto il suo talento, tutto il suo ineguagliabile carisma, tutta la sua irraggiungibile forza espressiva, e ci dispiace per gli altri. In più riaffiora una certa nostalgia per quello che sono stati i Current 93 nella loro forma più pura e splendente, prima di divenire il carrozzone (uno splendido carrozzone!) capace di ospitare gli artisti più disparati, chiamati ad iniettare linfa vitale in un'entità che, nonostante gli anni sul groppone, non sembra voler cedere agli stenti della vecchiaia.

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