"Sleep Has His House" è un album intenso, profondo, scaturito dal dolore di David Tibet per la morte del padre, a cui appunto l'opera è dedicata. E' un viaggio intimistico, che assume i toni di un sentito Eterno Riposo: è l'amorevole saluto che l'artista tributa ad una persona cara e al vuoto incolmabile che la sua scomparsa si lascia dietro.Molte sono le analogie riscontrabili con un album come "Soft Black Stars": egualmente introspettivi, minimali nella forma, ermetici nei contenuti, rappresentano appieno la nuova fase artistica dei Current 93. Ma a dominare non sono più le ambientazioni da camera e il piano di Maya Elliott: "Sleep Has His House", targato 2000, riporta la creatura di Tibet alle gloriose vesti folk, rilette naturalmente alla luce delle nuove esperienze maturate e con la consapevolezza che dopo un album importante come "Soft Black Stars" sarebbe stato impossibile tornare indietro e fare finta di niente.

"Sleep Has His House" porta in sé due paradossi, uno stilistico e l'altro concettuale. Da un punto di vista musicale, nonostante la forma sia quella di un folk elegante e raffinato, l'album è forse quello più intrinsecamente esoterico della vasta carriera della formazione, e qui, a mio parere, si vengono a toccare picchi di sacralità e di metafisico trasporto che in passato non si erano raggiunti nemmeno in album dalla forte componente rituale come "Nature Unveiled", "Imperium" e "Christ and the Pale Queens Mighty in Sorrow".

Da un punto di vista concettuale, contrariamente a "Soft Black Stars", che va a sondare nel dettaglio gli abissi emozionali dell'animo tormentato di Tibet, "Sleep Has His House", pur partendo dagli stessi presupposti, assume un senso di vastità, di infinito, di universale difficilmente conciliabile con la dimensione privata del dolore dell'artista. "Sleep Has His House", ancora più enigmatico del suo precedessore, torna ad essere, perdonatemi il termine, fottutamente apocalittico. Apocalittico come lo sono gli album della maturità di Nico, voce da un altro mondo, testimonianza vivida dell'Umana Tragedia. E come lei, Tibet, con questa opera che va a scovare l'Universale nell'Individuale ("The Great in the Small"), si erge a cantore dell'incommensurabile e dell'inconcepibile: lo sbigottimento dell'uomo innanzi alla Fine.

Le prime sei tracce si muovono sostanzialmente sulle medesime coordinate: a reggere il gioco sono gli scarni accordi di harmonium, che Tibet suona in prima persona, e lo struggente poetare dello stesso. Un album di Tibet per Tibet, quindi, dove i compagni più fedeli, i fondamentali Michael Cashmore e Steve Stapleton, se ne stanno defilati, lasciando la scena all'amico e limitandosi a rifinire e a levigare i suoni. Senz'altro è da segnalare la bellissima "Good Morning, Great Moloch", brano che ben rappresenta il mood tragico ed al tempo stesso epico dell'album, e che diverrà un vero classico della nuova fase artistica dei Current: la voce di Tibet è al culmine del suo minimalismo, le parole sono appena accennate, ma l'intensità è palpabile, ed è impossibile non entusiasmarsi nell'epico crescendo finale, in cui l'harmonium continua a tessere giri imponenti, incalzato dalla solennità delle chitarre e del basso, che in questa registrazione svolge un ruolo di assoluto rilievo.

Bellissime anche "The Magical Bird in the Magical Woods", che ad un certo punto decide di smaterializzarsi in inquiete e raggelanti partiture ambientali, o "Red Hawthorne Tree", il brano più orecchiabile del lotto, che, fra squilli di trombe e suggestive incursioni di piano, ci rianima dalle cupe atmosfere da trapasso che la precedono. Degno di nota, infine, il climax emotivo di "Niemandswasser", manifesto della lotta interiore di Tibet, la cui voce, trasportata da un ispirato arpeggio di chitarra, lotta impavida contro il sibilare del vento ed il polverone acceccante, andando ad alimentare ulteriormente i toni tragici e spiritualmente eroici che caratterizzano il lavoro.

Gli ultimi tre pezzi invece fanno storia a sé, costituendo un concept nel concept, una colossale suite di trenta minuti in cui l'ascoltatore viene coinvolto in una vera e propria esperienza mistica. "Lullabay", nemmeno due minuti di solo harmonium, è solo l'introduzione al picco emotivo dell'album, l'infinita title-track: 24 estenuanti minuti di droni in cui la flebile voce di Tibet viene fagocitata dal moto ondulatorio dell'harmonium, che sale, che scende, generando un vero e proprio stato di ascesi, di trasporto mistico, di sospensione ipnotica. Per i primi 20 minuti Tibet non fa che ripetere "Have pity for the dead, sleep has his house", una sommessa richiesta di pietà e di clemenza, un'ammissione di impotenza, una preghiera che trova sfogo solo negli ultimi attesissimi minuti, in cui Tibet si lancia finalmente in una liberatoria declamazione di versi dal contenuto enigmatico ed inafferrabile: senza dubbio uno dei più colti ed originali tentativi di trascendere il reale attraverso il semplice medium della musica."The God of Sleep Has His House", come se non bastasse, rincara la dose: aperta dallo stesso andamento oscillante dell'harmonium che, risucchiato lentamente nel vuoto, adesso riaffiora implacabile, è infatti un reprise della title-track, e va a chiudere l'album all'insegna di una quieta rassegnazione innanzi all'ignoto e all'inevitabile.

Come si sarà intuito "Sleep Has His House" è un'esperienza forte, intensa, forse unica nella storia della musica. Impossibile, per chi ne abbia voglia, non rimanere incantati, ammaliati, se non ipnotizzati, dalla magniloquenza di questa musica e dal potere estraniante dei paesaggi da essa tratteggiati. Impossibile, al tempo stesso, non accusare il colpo. Mi sembra inutile aggiungere, infatti, che l'ascolto non è dei più semplici e scorrevoli: "Sleep Has His House", anche per i fan più comprensivi, coraggiosi e preparati ad affrontare la creatura di Tibet, è un'esperienza molto molto molto faticosa. Al banco degli imputati siedono un'interpretazione vocale, seppur profondamente sentita, davvero minimale, e l'eccessiva similitudine fra i diversi pezzi.

"Sleep Has His House" è un album prolisso, senza compromessi, inevitabilmente ostico, poiché l'intento non è quello di intrattenere, ma di dare sfogo ad emozioni che chiedono con urgenza di essere espresse in un momento di estrema vulnerabilità, senza preoccuparsi naturalmente della resa finale. Le emozioni nascono, più che dai contenuti musicali, dai voli che compie l'immaginazione, la quale fa leva proprio su quei contenuti, per apprestarsi a compiere il Grande Balzo Oltre. Chiunque sia dotato di fantasia, nonché di una buona dose di pazienza e di voglia di intraprendere un viaggio di questo tipo, non rimarrà quindi deluso: "Sleep Has His House" è un'opera elegante, ambiziosa, sincera, una porta che permette di lasciare temporaneamente il mondo dei vivi ed assaggiare per qualche istante il gusto dell'Eternità. Fatevi avanti, se ne avete il coraggio!

Elenco tracce testi samples e video

01   Love's Young Dream (03:01)

02   Good Morning, Great Moloch (03:28)

03   The Magical Bird in the Magical Woods (08:45)

04   Red Hawthorn Tree (04:32)

she came to me as blood and fluid
tides and sleep
i caught her eyes saucerwide
as she turned into the sky
she bit her lips
and stared sullenly into the bleached silence
her fingernails slowly brushing
the snow from her hair
my flight from your face
must finally destroy me
i had always hoped
this world could be complete for me
the earth around is fresh with rain
the insect world is silent
the red flower ascends
the woman is a like a child
i will open up the windows now
and look down
on the lapis lazuli swell
that will sweep all of this away

the red hawthorn tree
appears at my window

05   Immortal Bird (06:31)

what drives us on?
what drives us on?

i left something of myself in you
fourscore, twenty, thirty
in your body and in your flesh
in your vault of skin
i was nothing for you
but the shadow of another love
that one day for you
would shift the skies
to pastures blue
streaked with passing and loss
tortoise green in my eyes
from the moss of my past
you arise
and lightly then i saw you smile
with ivory throat and ivory eyes
at night i catch you before i sleep
and if i died before i wake
i prayed that you my heart might keep
i cannot hold your tunnelled eyes
near my heart any longer
all this love is nothing truly:
mist of moons' breath
grit of evening
the grass was green (i now recall)
before my own particular fall
i saw we were both really
masks on nothing
(the moonlight sweeping over northern beaches)
all the trees stand stripped
just silhouttes of memories
at night i have started to dream of you:
your eyes are wide
and shot through with seablue

06   Niemandswasser (06:07)

i have to say
i have to see
the twilight moonlit
the houses on hills
all appear so blind
at night
the webs that bind them
to the skies
are golden, sparkling
with blood and dust
the angelic motes
on beams of blood
dance
at night
the trees turn under the rain
pan lies dead
from rut to rot

i saw the lighthouses all fall
small angels hold parasols
and point to other skies
the clacking on the fence
is long and loud
the noise of the fingers
crack in my head
behind my eyes
between the bloodwalls
that line the streets and the skulls
forever
the bonewhite temple
letters piling up
unanswered stars yawning together
you may have this gift from me
and i will send you nothing

from what i see
(and i see all)
the green is going
black peter arises
with his sack chock full of tricks
(and none of them eternal)
black peter arises
with his bag of blood
(and none of this runs eternal)
black peter arises
and he smiles
white teeth cap over the blackened stumps
all the kings of all particular times
have passed away
and lie in gutters
pretty as pink
i thought that i had seen
some bright new dawn
the children all laid down and smiled
the fires no longer smold and dullied
i watched the trash
that covered this world
swimming in farces
in mud and in blood
without a care in the world
the corpses are piled up almost to heaven
chuckling or smiling
and rubbing their hands
without a care in the world
and so we all lie dozing under the sun
images of banality flick past our eyes
as we bask in this paradise
littered around us
books of religion covering my feet
and i haven't the time for a word

but still i see cottages covered in honeysuckle
the dovecots so full of the Birds in their thousands
the cats lap at cream in their pussyland dream
and they haven't a care in the world

and then it shines
we're all dust
i drop the compasss and point out the pole
and then it shines
we're all dust
so wait for me at niemandswasser
as i watch the flowers bloom
and trail the horseflies as they scream
the songs we'll never know:
it shines:
that we're all dust
it shines:
we're all dust
we're all dust

07   Lullaby (01:43)

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