Che significa "banchetto di spiriti"? E perchè in una delle fotografie all'interno del booklet Cyro Baptista sembra ritratto da Francis Bacon ed ha una bocca sferica come il mondo che gli occupa mezza faccia? Una frase, sempre al centro del libretto, ci spiega tutto: "Anthropofagia equals cultural cannibalism".

Questo concetto singolare, su cui si fonda tutta la cultura brasiliana, è il principale lascito di Oswald de Andrade, un modernista che nei primi decenni del '900 scrisse due manifesti: Manifesto da poesia do Brasil e Manifesto antropofago. Nel primo, diffuso nel '24, egli sostenne che la letteratura del suo paese era "la più arretrata del mondo", e perciò, come suggerì cinque anni dopo nel secondo, era necessario "assimilare in termini brasiliani l'esperienza straniera e ricrearla con qualità locali imprescindibili, che dessero al prodotto finale un carattere autonomo e la possibilità di funzionare, a sua volta, in un confronto internazionale come prodotto d'esportazione". Metaforicamente, il geniale de Andrade recuperò un mito squisitamente brasiliano che da secoli era stato rimosso con un certo ribrezzo, quello dell'antropofagia, applicando alle relazioni culturali internazionali il rituale cannibale. "Da quel momento" -scrive Veloso in Verità tropicale- "la scena degli indios che mangiano il sacerdote don Pero Fernandes Sardinha passò dunque a simboleggiare la nascita della cultura brasiliana, il fondamento stesso della nazionalità".

Se consideriamo che il Brasile, secondo un luogo comune -che ha una qualche ragione di essere- è il paese più musicale del mondo, non ci sorprenderà se l'appello rivolto da de Andrade ai letterati, fu accolto soprattutto dai musicisti. Probabilmente i più grandi antropofagi furono infatti quei "tropicalisti" (come lo stesso Veloso, sua sorella Bethania, Gilberto Gil e Tom Zé) che negli anni '60 divorarono gli spiriti di Beatles, Rolling Stones, João Gilberto, Ray Charles, Amalia rodriguez e Stockhausen (ma verso la fine degli anni '60 uno di loro si sarebbe cibato anche della newyorchese no wave!) per creare una musica splendida che, durante la dittatura militare -quando veniva tollerata solo la "nazionale" samba cançao-, assunse anche un enorme significato politico (costando a Veloso e a Gil addirittura il carcere e l'esilio, proprio come accadde in Argentina a Piazzolla dove il "Tango Nuevo" fu ugualmente sgradito ai colonnelli). Legittimamente potremmo chiederci se non furono antropofagi già un Villa Lobos che, nutritosi di musica colta europea, produsse le "Bachianas brasileiras" o, nel vecchio continente, un Bartòk che, assimilati Strauss e Debussy, creò un'opera profondamente ungherese. Certo è che oggi tutti sono cannibali. Musica buona e cattiva arriva da tutto il mondo e pure il più convenzionale dei gruppi rock non può tapparsi le orecchie nel proprio locale quantunque lo abbia insonorizzato con cura.

Per quanto riguarda Baptista, le condizioni perchè egli sia un famelico "divoratore di spiriti" ci sono tutte: è brasiliano, newyorchese adottivo, amico e collaboratore di gente come Arto Lindsay e, dulcis in fundo, membro da tempo della Tzadik, celebre villaggio di sofisticatissimi antropofagi capeggiati peraltro da John Zorn, il più cannibale di tutti. Rispetto ai precedenti lavori pure ricchi di contaminazioni, i generi che attraversano questo suo ultimo disco sono davvero i più disparati anche se ovviamente la musica brasiliana (e in particolare il baião prediletto dal percussionista) resta il collante che -secondo i dettami di de Andrade- dovrebbe dare al tutto "un carattere autonomo".

Qualcosa però -ce ne accorgiamo subito- non funziona proprio a dovere. Normalmente la musica di Baptista è così ricca di controtempi da modificare la realtà attorno a noi ed esuberante come può esserlo solo una teenager quando inizia davvero a sciogliersi, eppure tutta questa vivacità profusa da lui e dai suoi collaboratori non riesce sempre a contagiarci. Dopo "Tutuboli" -che si fa apprezzare per il lavoro di Cyro alle percussioni e per il tenerissimo tema centrale- siamo un po' delusi dalla versione di "Bird Boy" che, nonostante i suggestivi interventi di Ezra Blumerkranz con l'oud, risulta molto meno affascinante dell'originale scritta da Don Cherry per Vasconcelos rivelandosi soprattutto un'innocua cavalcata per gli assoli di hammond di Brian Marsella. "Macunaima" è un brano schizzatissimo sulla schizofrenia (il sottotitolo è "a hero without a character"): dopo l'esposizione del tema in 5/4, un frenetico walkin' viene interrotto dall'irruzione del sax blaterante di John Zorn che introduce un intermezzo tra lo ska e la musica surf. Alla ripresa del walkin', segue un mid tempo heavy con Zorn versione Painkiller e, dopo un prevedibilissimo momento di caos, con un sottofondo di fisarmonica Cyro Baptista ci mostra che basta un vocabolario davvero esiguo per comunicare con le ragazze francesi: "Bonjour madàme, je suis le pétit chocolàt! Baguette...". Dopo lo schiocco di un bacio e la ripresa del walkin', il brano si chiude con la ripresa del tema iniziale (l'ascolto non è molto più eccitante della lettura di questa mia descrizione).

La deliziosa "Mumukata" è invece un incrocio tra il Milton Nascimento di "Txai" e la musica giapponese di un Ikebe Shinikiro (il compositore di Akira) e ugualmente bella è anche "Nana & Tom" (basata su "Water of March" di Jobim). Splendide sono "Tupinambas" (con Friedlander al violoncello) e "Argan", una canzone mediorientale in cui dominano soprattutto la voce di Hassam Ben Jaffar e l'oud di Blumenkrauz, protagonisti assoluti in "Lamento mourisco". L'ombra di Milton Nascimento sembra aleggiare anche sull'elegiaca "Malinye" ed anzi si ha addirittura l'impressione che Baptista tenti improbabilmente di imitare il modo di cantare dell'"angelo del minas". Nell'ultimo brano il percussionista dice la sua sull'argomento dell'"Anthropofagia" spiegando che il Brasile era una terra dove si praticavano orge continue che non potevano essere tollerate dai colonizzatori cattolici, ma la repressione non riuscì tuttavia ad estinguere l'enorme voracità di quel paese che da allora iniziò a divorare tutto ciò che gli capitò sotto tiro. Accompagnato da una melodia molto simile a quella di "Malinye" -che qui però diventa progressivamente sempre più epica, se non morriconiana, con l'organo che nel crescendo doppia i cori- il recitativo di Baptista sembra, per i suoi contenuti, tanto figlio dell'ironia di un Zorn, quanto in linea con la tradizione del samba exaltação, il samba che esalta le bellezze della terra da cui -schiaffatevelo una buona volta nelle vostre cocuzze- proviene la musica popolare più bella del pianeta. 

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