Novembre 2000. Sono passati due anni dall'uscita di "Eternity Rites" e la band austriaca si prepara a far vibrare ancora una volta le membrane delle nostre casse con il loro malinconico darkwave neo-classico.
Già il titolo latino ci riporta indietro di secoli. "In Nomine Aeternitatis", ovvero "nel nome dell'eternità", evidenzia da subito il collegamento con il precedente lavoro, sia dal punto di vista stilistico che tematico: suoni dal sapore antico, oscurità, decadenza, angoscia e soprattutto lo struggente rapporto con il concetto di "eterno" continuano a far da cornice alle 11 tracce dell'album.
Dopotutto le canzoni contenute in questa nuova raccolta sono state composte nello stesso periodo prossimo alla formazione del gruppo (1998-1999) che ha visto nascere "Eternity Rites".
Ad aprire l'album è "Dark Horizon". Un inizio lento, accompagnato dal canto spettrale della solita Elisabeth Toriser e dal rintocco ipnotico di una campana, lascia presto il posto ad un aggressivo contrappunto di violini e una percussione profonda in cui si articola il testo (in tedesco). Segue una ballata ("Underworld Domain") dominata da un arpeggio sofferente e dal "lamento dell'anima" della voce femminile.
Ad un intermezzo strumentale in continuo crescendo sul "rintocco" costante degli archi ("Phanteon In Flames") segue un brano dal tono più epico ("The Infinite") introdotto da una voce dark. Il brano crea una delle atmosfere più belle dell'album con il testo che esprime in modo più o meno rassegnato l'infinito numero di vie percorribili nella vita e l'impossibilità nel saper sceglierle. Ancora un intermezzo ("Temple of the Morning") che spezza per quasi due minuti l'angoscia del brano precedente con una melodia non priva di phatos ma comunque più solare rispetto al gotico esistenzialismo di The Infinite.
Segue la prima canzone in latino dell'album: "Caverna Obscura". Ancora un arpeggio e una sapiente percussione ad accompagnare il corale femminile che ricorda molto da vicino i canti gregoriani del cristianesimo medievale (con la differenza che a quei tempi alle donne era vietato cantare in tali circostanze...). Particolare carica emotiva è invece il punto forte di "Only the Blind Can See..." in cui un curato mix di archi e strumenti a corda trascinano l'ascoltatore "Down the halls, where no light glows..." per citare la canzone stessa.
"In Signo Mortis" risulta però quantomeno mal posta. Se escludiamo il breve intermezzo di "Temple of the Morning" la canzone in questione risulta seguire ben 3 pezzi piuttosto sofferenti. Gli "pseudo-fiati" che fanno da sfondo a questa canzone non riescono a ravvivare troppo la situazione facendola sfigurare al cospetto delle altre tre e rendendo il "centro" del CD poco appetibile se non agli amanti del genere.
Una percepibile variazione di stile appare nello strumentale "The March Of Shadow". Una meravigliosa marcia medievale che proietta l'ascoltatore nelle file di un esercito di ombre. La presenza di uno strumento a corde che armonizza la melodia di un violino "piangente" è una novità all'interno dell'album. Il tutto accompagnato da un climax crescente di percussioni che sfocia in una vera e propria marcetta militare. Finalmente arriva il brano che da il nome all'album: "In Nomine Aeternitatis". E già dalle prime note si capisce che la scelta è delle migliori. Brano ritmato e con l'introdozione di un pianoforte nella tavolozza musicale degli 11 brani. Ricompare la voce dark in un insolito "duetto" con Elisabeth. Un brano che merita veramente di dare il nome al CD.
Si chiude con "The Seas Of Oblivion". Altra scelta azzeccata. Un corno e il rumore del vento preannunciano (come poi sarà) la venuta di un brano dal sapore "epico" me che non perde le sonorità dark nemmeno per un istante. Un ottima conclusione sognante e "lontana" per un album che ha fatto della suggestione il suo cavallo di battaglia.
Un album insomma certamente consigliato agli amanti del genere, ma che si presta anche ad un ascolto disattento e d'ambiente per chi è abituato a generi diversi e ha voglia di lasciarsi trasportare in atmosfere gotiche dalle suggestive sonorità e dalle melodie oscure e "eterne" dei Dargaard.
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