Una batteria travolgente, riffs chitarristici in continua evoluzione e l'acido scream del superbo Mikael Stanne che si impone alle orecchie di un ascoltatore che non può rimanere indifferente... Comincia così IL capolavoro supremo del Melodic Death Metal, comincia così "Punish My Heaven"... E già dalla prima traccia possiamo notare gli inserti progressivi, riflessivi e intimisti come la parte in clean e una piccola, gradevolissima parentesi folk. Proprio queste caratteristiche "insolite", unite ai lineari riffs granitici (di matrice black e death) e ad una batteria aggressiva e "prepotente" (la quale può essere apprezzata sin dall'attacco di Punish My Heaven) hanno fatto sì che questi svedesi si ritagliassero un cantuccio nel mio cuore. Senza alcun dubbio i Dark Tranquillità riescono a mixare furia e melodia con classe, senza mai stancare l'ascoltatore.

Dopo l'esplosiva "Punish My Heaven" ci ritroviamo di fronte ad un altro piccolo gioiellino, lento e diretto al contempo le cui parole, poesia pura signori e signore, mi fanno quasi commuovere... Provate a leggere le parole di "Silence, And The Firmament Withdrew" mentre la ascoltate e sarete immersi totalmente in una speciale atmosfera nordica. D'altro canto non possono essere che queste le irresistibili atmosfere oscure e magiche che riescono a ricreare i Dark Tranquillity servendosi della loro grandiosa musica piena di contaminazioni e di testi immersi in un immenso oceano onirico.

Ma è a seguire "Silence, And The Firmament Withdrew" che arriva la seconda vera perla di The Gallery, "Edenspring". Questa terza traccia, caratterizzata da un sensuale crescendo di aggressività e da virtuosismi sconvolgenti, è un altro esempio della maestria e dello stile impeccabile di Stanne e soci. Proprio per Stanne va spesa qualche parola a parte, perché non è semplice trovare nella vastissima scena metal un cantante che sappia sposare con assoluta naturalezza momenti in screaming (duro, tagliente e senza fronzoli) e momenti di preziose e impedibili clean vocals.

Passa un po' inosservata (o sarebbe meglio dire non viene troppo apprezzata dalle mie orecchie pretenziose) la quarta traccia, "The Dividing Line", che considero un po' il "passo falso" dell'opera. Inutile dire che "The Dividing Line" non mi ha particolarmente colpito poiché è inserita in un album che, nel suo complesso, è palesemente superiore ad essa. Forse, però, se mi fossi trovato a estrarla dal "pentolone vincente" e quindi a NON giudicarla nell'insieme, non l'avrei tanto denigrata, né avrei detto che sfiora la mediocrità e che è prolissa (addirittura con qualche davvero poco azzeccato riff quasi-NU).

A causa della loro struttura simile (forse un po' lineare ma assolutamente godibile) fanno parte altri tre emblemi del Melodic Death Metal: "The One Brooding Warning", "Midway Through Infinity" e... "The Emptiness From Which I Fed", la quale si erge nel panorama generale dell'album grazie ad azzeccatissimi riffs che non si "perdono d'animo" in ben 5:43 e che avvolgono l'ascoltatore lasciandolo, come da tradizione, sgomento e inebriato al contempo.

Volutamente ho saltato quelli che considero i punti più alti di The Gallery, dei veri capisaldi, delle canzoni le cui strutture sono tutt'altro che lineari. Nell'omonima "The Gallery" (terza perla, degnissima di portare il nome dell'album) convivono delle volubili note che da carezzevoli divengono dirette e taglienti, lo screaming di Stanne carico di rabbia e dolore e una dolcissima voce femminile che arricchisce ulteriormente e rende fresco il sound di questo piccolo gioiello. Inoltre come rimanere indifferenti ad un signor assolo regalatoci da Niklas Sundin?

Poi... "Lethe"... in assoluto la mia preferita, nonché la canzone che più mi ha coinvolto emotivamente. L'adorabile, lenta e struggente melodia folk viene quasi "violentata" da riffs brutali, fascinosi e ricchi di pathos. Le liriche e l'atmosfera generale che vengono espresse da questo imperdibile episodio dell'album sono dotate di un grande feeling e ricche di tanto, tanto pathos.

Tanto dolce quanto maestoso il breve respiro "Mine Is The Grandeur"... caratterizzato da una sobria ed irresistibile chitarra acustica, per collegarci con grande agilità all'ultimo capolavoro dell'album.

Di certo non il pezzo più bello ma... "Of Melancholy Burning" pareva proprio il pezzo perfetto (uhm... o forse "Lethe" messo alla fine mi avrebbe fatto godere un po' di più?) per concludere un disco quasi perfetto. C'è proprio tutto di quello che abbiamo avuto modo di sentire nelle tracce precedenti : inesauribile e toccante scream, quella voce femminile dolce e cadenzata che tanto aveva fatto sognare nella title-track, riffs cattivi e melodici al contempo e deliziose pause folkeggianti. E che dire degli ultimi commoventi secondi completamente acustici che lasciano l'ascoltatore definitivamente soddisfatto, realizzato ed estasiato ma triste perché quest'oceano di calde emozioni è finito...

Indubbio capolavoro, signori e signore, e bisogna dirlo quando la grande musica si fa direttamente emozione e ti entra nelle vene. I Dark Tranquillity ci sono riusciti con questa pregevolissima opera. Eccome.

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