I Darkest Hour, nel corso della loro carriera ultra decennale, hanno lavorato al fine di apportare mutamenti ogni qual volta hanno volutamente e fondatamente (ovvero avendo qualcosa di significativo da esprimere) rilasciato un nuovo album, breve o esteso che fosse. Prima elaborando un sound, che è partito dall'hardcore e che si è mutuato in un metal-core sempre più metallico, sino a diventare death metal melodico e di stampo scandinavo. Poi, dopo aver raggiunto e consolidato tale traguardo, portando a un livello eccelso la tecnica strumentale. E infine, il che accade all'interno di "Deliver Us", mettendo in mostra una scrittura perfetta, da intendersi sia come abilità di strutturare le tracce, che come concepimento di canzoni, che - alla resa dei conti - si rivelano ottime.
Infatti la band di Washington D.C. ha saputo edificare, con il fondamentale contributivo in fase produttiva di Devin Townsend, un lavoro eccelso prima di tutto guardando ad esso come a un disco da ascoltare e poi come a un elemento da collocare all'interno di qualche categoria, che nello specifico è certamente quella sopra indicata, ma che sta assumendo connotati anche più ampi, dal momento che sarebbe più opportuno esprimersi in termini di heavy metal tendenzialmente classico, pur se estremo e melodico, interpretato in un'ottica neomillenaria e trapiantato in un contesto svedese. Il cambiamento e la progressione sono quindi i termini sonori che i Darkest Hour reputano necessari per la propria esistenza ed è grazie ad essi che sono giunti alla modellazione di brani dove la velocità, l'intensità, le dinamiche evolutive, la diversità delle soluzioni adottate, l'aggressività e le armonie si sposano con l'emotività della musica, pulita e perfettamente arrangiata, e con una collezione di undici pezzi ognuno in grado di mettere in mostra un'identità distinguibile e personale. Assieme agli Unearth rappresentano la miglior versione statunitense ad un sound, che è pesantemente europeo.
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