Se Dave Navarro fosse morto per overdose di eroina nel biennio '92 - 93 – cosa che rischiò di fare in svariate circostanze – probabilmente verrebbe ricordato soltanto per essere stato il miglior chitarrista al mondo nel quinquennio mito dell’alternative rock americano ('87 - '92), e non per essere oggi il marito di Carmen Electra. Tale assunto è dato non solo dalla sovraesposizione mediatica di cui beneficia per aver sposato quella sciagurata, ma anche dal fatto che le performances artistiche successive al '91 del tenebroso axeman non hanno più eguagliato i vertici artistici di capolavori come “Nothing’s Shocking” o “Ritual de lo habitual”. Nonostante non si contino neanche sulle dita di una mano i protagonisti di quella stagione irripetibile che siano riusciti a mantenere la freschezza compositiva dell’epoca, è spesso Navarro quello che viene falcidiato dalla critica. Venne considerato ad esempio il caprio espiatorio di un disco mediocre come “One Hot Minute” dei RHCP, mentre gli unici pezzi che si salvavano erano quelli usciti dalla penna di Dave come “Warped” o “Shallow Be Thy Game”. Si è poi visto che fine ingloriosa hanno fatto Kiedis e soci col ritorno di Frusciante. Il motivo di tanta acredine risiede nel fatto che l’approccio umano non è dei più favorevoli al Navarro degli ultimi anni.

Dave non è più il timido architetto di sopraffine trame wave-psichedeliche all’ombra di Perry Farrell, il tormentato prodigio che deliziava gli astanti dei concerti nascondendosi dietro improbabili cappelli e occhiali da sole, ma si propone spesso come il più puerile dei guitar hero, a cominciare dai disastri sartoriali. Le sue comparsate su Mtv con la Electra hanno fatto il resto. Tuttavia, con buona pace dei suoi detrattori, è pur sempre uno dei migliori musicisti rock, un chitarrista capace di mandarti in estasi appena sfiora la 6 corde con un’unghia e lo ha dimostrato in questo suo sottovalutatissimo disco solista del 2001, oltre che con il dignitoso ritorno del vizio dei Jane.

Ben lungi dall’ essere un capolavoro, “Trust No One” è tuttavia un lavoro estremamente variegato, che rilegge molte pagine dei Jane’s Addiction attraverso il prisma degli anni '90 (pezzi come “Everything” o “Not For Nothing” sono chiaramente ispirati ai Nine Inch Nails). Dotato di un discreto talento vocale (a differenza di Frusciante, i cui dischi solisti sembrano uscire dal citofono di mia nonna) Navarro è oltretutto bravo a non indugiare in quei noiosi assoli che spesso infarciscono i lavori in solitario di tanti chitarristi, ma cerca sempre di creare effetti funzionali alla riuscita del pezzo. Emblematica in tal senso è l’opener “Rexall”, in cui l’impeto chitarristico è trasfigurato in un mantra psichedelico accattivante. Ma tutta la prima facciata è uno sfavillante assalto grunge-hendrixiano, e regala un altro felice episodio in “Sunny Day”. Strepitosa è poi “Mourning Son”, toccante dedica alla madre (al cui omicidio Dave assistette 15enne nella spettrale suburbia losangelina in cui crebbe). Un pezzo che aggiorna le gotiche atmosfere di “Nothing’s Shocking”, creando l’ideale seguito di “Dirt” degli Alice In Chains, mai riuscito alle pletore di sterili imitatori della band di Layne Staley. La seconda parte di “Trust No One” è invece più dichiaratamente glam-psichedelica, non solo perché ospita una nerboruta versione di “Venus in Furs”. E’ semplicemente squisita “Avoiding the Angel”, in cui Dave concentra deliziose textures e incalzanti assoli in 4 minuti da antologia. Il tocco finale è “Slow Motion Sickness”.

Rarefatta ballata che trascina l’ascoltatore in acque torbide, è vivacizzata con le consuete influenze hendrixiane nel finale. Degno suggello a un album godibilissimo.

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