Classificato come colonna sonora della fiction BBC tratta da un romanzo di Harif Kureishi, questo disco è un album di Bowie a tutti gli effetti: la sua scarsa diffusione (è stato recentemente ristampato) e il suo ininfluente effetto sulle classifiche dell'epoca ne fanno una vera e propria gemma nascosta, e vale assolutamente la pena dargli la caccia.

Nel 1993 Bowie, chiusa la non esaltante esperienza coi Tin Machine, che gli ha consentito di ricaricare le batterie e di uscire dalla stagnazione creativa degli anni '80, ha appena sfornato un nuovo album (Black Tie White Noise), che sebbene non memorabile, è la prova di un ritrovato entusiasmo, della vitalità e della volontà di continuare a mischiare le carte e contaminare i generi. In piena promozione, viene avvicinato dai produttori dello sceneggiato, che gli chiedono di attingere al suo vecchio catalogo per la soundtrack: convinto della bontà del progetto Bowie decide con entusiasmo di scrivere nuovo materiale, in un clima di spontaneità e libertà creativa che forse non viveva dagli anni della trilogia berlinese.

Nelle ricche note di copertina vengono citate le fonti di ispirazione (fra gli altri Eno, Tangerine Dream, Can, Kraftwerk) e viene illustrato il procedimento creativo: i temi scritti per lo sceneggiato vengono allungati e spezzettati arbitrariamente in battute su cui si innestano improvvisazioni strumentali, le registrazioni vengono mandate al contrario, i testi vengono tagliuzzati e rimontati in ordine casuale. Il tutto con un lavoro di produzione e mixaggio che non intacca la spontaneità dell'approccio e non altera l'idea originale, concepita e realizzata in un paio di settimane (niente estenuanti sedute di sovraincisione, pochi ospiti, Bowie suona tutto col polistrumentista turco Erdal Zizilcay).

Il risultato è notevole: avanguardia, art rock, pop, jazz e new age si fondono mirabilmente per dar vita a canzoni e composizioni strumentali finalmente degne del nome del suo autore: la title track è una splendida ballata che cita con gusto Space Oddity e All The Madmen; South Horizon è un'ipnotica base jazz che un ritrovato Mike Garson impreziosisce coi suoi tipici gioielli di improvvisazione pianistica; The Mysteries sembra provenire direttamente dalla seconda facciata di Low; Strangers When we Meet mette gli incubi elettronici di V2-Schneider (da Heroes) a servizio di una grande canzone d'autore.

Per chi ha fatto del cambio di generi e stili la propria cifra espressiva il citazionismo è sempre rischioso, ma in questo disco non si respira mai una gratuita autoreferenzialità, semmai si avverte il senso di una sintesi felice, e ci si chiede perché un lavoro di così alto spessore non abbia ottenuto un più ampio riscontro.

D'altra parte la scelta di non promuovere l'album e di "dimenticarlo" è perfettamente coerente con la ritrovata creatività del Bowie anni '90: poche settimane dopo l'uscita del disco il Duca si ritrova con Brian Eno per abbozzare (letteralmente: nelle prime sedute Bowie dipingeva mentre i musicisti provavano) quello che diventerà il monumentale Outside.

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