HE WANTED TO GO TO THE SUN, HE WANTED TO SWIM IN THE RAIN,

HE WASTED HIS TIME, DRINKING WHISKY AND WINE,

BUT NOW HE'S COME BACK AGAIN!

Ritorna di nuovo quindi, e sulle pagine di DeBaser, un personaggio che in tanti conoscono come leggendario vocalist degli URIAH HEEP, ma stavolta torna da solista, in un disco di debutto targato 1975 che in realta' e' il suo primo disco a nome DAVID BYRON. Forse non tutti sanno, pero', che la sua carriera solista era gia' iniziata parecchio tempo prima, nella seconda meta' dei '60, come cantante di cover, e col suo vero cognome: il giovanissimo DAVID GARRICK, talento naturale fin da bambino, inizialmente intrattenitore di parenti e amici, si ritrovo' nel pieno della Swinging London a sottoscrivere un contratto per incidere con continuita' suoi rifacimenti dei successi del momento, pubblicati prevalentemente su 45 giri e venduti a un prezzo concorrenziale rispetto ai brani degli artisti originali, un lavoro questo che gli permetteva un sicuro riscontro economico e che altri cantanti poi divenuti famosi, ad esempio ELTON JOHN, utilizzarono per farsi un nome nel variegato panorama del Pop inglese di quegli anni.

Pensando alla triste involuzione della sua carriera, questi inizi mostravano al contrario un'amministrazione estremamente oculata e accorta: ci volle il successo planetario del terzo album degli Heep LOOK AT YOURSELF per convincerlo a chiudere quel contratto per sempre: fino al 1971 continuò a incidere cover per proprio conto, pubblicate in seguito su interi LP a unico scopo di lucro sull'onda dei milioni di copie vendute dalla band.

Nel febbraio 1975 un David Byron palesemente alcoolizzato ma ancora in botta positiva approfitta di un break successivo all'album WONDERWORLD e ai problemi relativi alla fuoriuscita del bassista GARY THAIN, risolti presto con l'entrata di JOHN WETTON, per coronare il suo sogno: un album solista da superstar. Si circonda di vecchi amici: i fidi MICK BOX e LEE KERSLAKE a garantire un trait d'union col sound tosto e fantasioso del suo gruppo, l'ex Paladin e Mc Guinness Flint LOU STONEBRIDGE alle tastiere, co-autore di diversi brani, e l'ex Bedlam DANNY BALL al basso. Se si da' un' occhiata ai Credits sono gia' evidenti certi dissapori col resto degli Heep, coloro che già gli remavano contro a causa delle sue intemperanze: vengono quindi ringraziati quasi in modo provocatorio MR. HENSLEY e MR.WETTON per il contributo in alcuni pezzi. Citarli come Mister è un ringraziamento che parla da solo... un molto elegante FUCK YOU!

La partenza è di quelle che non si dimenticano: MAN FULL OF YESTERDAYS esibisce da subito un appassionato assolo di Box su una gotica base di mellotron, capolavoro di Wetton, che prende il sopravvento anticipando le frasi profetiche con cui ho aperto questa rece: pare che il pezzo fosse dedicato a Gary Thain, destinato a una tragica fine, ma rende perfettamente l'idea anche nel caso di Byron, istrionico piu' che mai in una performance vocale stratosferica, stemperata in un wall of sound finale fatto di laceranti urla in un'atmosfera tesa fino allo spasimo: se fosse stato incluso al posto di PRIMADONNA, il successivo album della band, RETURN TO FANTASY, avrebbe reso assolutamente calzante questo titolo.

Dopo una bordata simile, il resto delle tracce non risulta essere all'altezza: è solo una vocalità spettacolare a salvare pezzi non particolarmente ispirati come il pop di SILVER WHITE MAN, che ricorda SEVEN STARS e certe facili melodie di gruppo, la suadente LOVE SONG a riecheggiare le meraviglie romantiche di RAIN e THE EASY ROAD, l'inedito funk di STEAMIN' ALONG, col suo dinamico groove di clavinet, fino a un tentatvo di spiritual in SWEET ROCK'N'ROLL, costruito sulle peripezie vocali di un nutrito numero di ospiti, tra i quali le onnipresenti CHANTER SISTERS. Sfuriate rock con un Mick Box protagonista in MIDNIGHT FLYER e HIT ME WITH A WHITE ONE provano a indurire la faccenda, ma e' la schizofrenia che detta legge in questo disco, e Byron lo dimostra in STOP (Think What You're Doing), nel quale celebra semplicemente se stesso, e insieme ai coristi sfodera una rock'n'roll ballad con tanto di piano anni '50, a tenere ancora teso quel filo legato alle vecchie cover, solo che stavolta la firma sul brano e' la sua...

Disco tipico di quella metà '70 ricca in tentativi solisti di affermate rockstars, è per me qualcosa di più: un inconsapevole e lontano maestro di canto per la mia esuberante ugola di ragazzino, una voce che attentamente ho seguito e imitato, cercando di sovrastarla mentre il disco girava... uno così non meritava di morire povero e solo... GRAZIE DAVID.  

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