Se avete apprezzato l'ultimo film di Cronenberg "Crimes of the Future" appena uscito nelle sale, è il caso di andare a recuperare il suo omonimo film realizzato nel 1970,giusto per farsi un'idea dell'evoluzione stilistica dell'autore.
Ambientato in un immaginario 1997,sorta di film muto con la voce fuoricampo del protagonista Adrian Tripod, è il secondo lungometraggio di Cronenberg della durata di poco più di un'ora. La vicenda descrive uno scenario post apocalittico in cui, per colpa di un illustre dermatologo di nome Antoine Rouge, sono stati commercializzati alcuni prodotti cosmetici dagli effetti letali tanto da causare una pandemia (termine attualmente tristemente noto..) che ha causato lo sterminio della popolazione femminile del genere umano. Non solo : il virus (denominato "malattia di Rouge") inizia a colpire anche gli uomini superstiti che cercano di adattarsi alle mutate condizioni di vita. In questo dilagante disastro, il dermatologo Adrian Tripod, direttore della clinica House of skin, vaga fra gli istituti scientifici alla vana ricerca del suo mentore Antoine Rouge, con l'intento di trovare una soluzione alla moderna peste. Sarà una ricerca infruttuosa ma il protagonista avrà modo di imbattersi in personaggi maschili bizzarri e stralunati (a dimostrazione del fatto che non è possibile vivere senza una controparte dell'altro sesso).
Senza fornire ulteriori dettagli sugli sviluppi della trama (qualsiasi film di Cronenberg è fonte di sorprese che deliziano ogni cinefilo degno di questo nome) , vale la pena, però, segnalare alcuni punti salienti che saranno poi sviluppati nella successiva cinematografia del regista.
Intanto Cronenberg, da buon pessimista cosmico leopardiano, prospetta un futuro distopico per il genere umano che cerca di far buon viso a cattivo gioco. Ciò può sconcertare noi spettatori, ma se non siamo consapevoli di certe tendenze attuali presenti sottotraccia, potremmo poi trovarci di fronte a spiacevoli sorprese poste dietro l'angolo..
Poi , in questa opera giovanile, David Cronenberg inizia a mostrarci come il nostro corpo umano possa diventare oggetto di manipolazioni. Il che rivela quel lato orrido nell'opera del regista che accenna a particolari repulsivi come feticismo, pedofilia, stupri, oltre all'esistenza di una repellente sostanza schiumosa bianca che fuoriesce dagli orifizi corporei delle persone infettate dal virus. Certo, chi crede nella mistica della Venere callipigia e dell'Adone figaccione secondo gli schemi della bellezza classica greca si scandalizzera`, ma non me la sento di dare completamente torto al regista.
Certamente il film ha una certa qualità ermetica, non si presta ad una facile interpretazione tanto che un critico come Kim Newman studioso del cinema horror, lo qualifico` come "la prova che si può essere interessanti e noiosi allo stesso tempo". Ma, al netto di un certo spirito naif tipico di tante prove registiche giovanili, resta il fatto che questo "Crimes of the Future" si guarda ancora con un certo interesse e lo si valuta nella prospettiva di un autore che, da "Scanners" in poi, molto contribuirà alla causa del buon cinema moderno tout court.
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