Dire che il Brutal Death passa dai Deeds of Flesh è riduttivo: i Deeds Of Flesh sono una delle anime del Brutal Death, per la precisione sono l’incarnazione nonché i fondatori del filone californiano. Mentre in molti ambiti quest’area degli States è sinonimo di infima commercializzazione, il concetto va aggiornato per questo particolare tipo di musica; al contrario di quanto si possa pensare, infatti, la California rappresenta il lato più oltranzista del Metallo Della Morte. Arrivato sulla West Coast qualche anno in ritardo rispetto alla East Coast, il Death del Pacifico si presenta subito in una forma brutale e purgata da qualsiasi ingerenza Thrash ma al contempo diversa dal Brutal Death Newyorchese. E’ il 1994, i Deeds Of Flesh pubblicano il loro primo Ep “Gradually Melted”: la tecnica è sopraffina, il sound veloce e potente, privo di qualsiasi intento ludico; da questo Mini Cd prenderanno spunto alcune delle più estreme band dei giorni nostri, tutte concentrate nella medesima area geografica e messe sotto contratto dalla Unique Leader Records, etichetta dei Don Vito Corleone della situazione, vale a dire i Deeds Of Flesh in persona.
Ma facciamo un salto di undici anni e arriviamo al 2003, anno di pubblicazione di questo “Reduced To Ashes”. Chi abbia ascoltato solo l’Ep sopraccitato e subito dopo questo album, difficilmente riconoscerà in questi musicisti gli stessi dell’oramai lontano 1994; nel corso della loro non lunghissima ma feconda carriera, i tre californiani hanno evoluto il proprio sound in maniera irriconoscibile mantenendo però sempre al top della categoria il livello qualitativo, anzi migliorando ulteriormente la propria tecnica strumentale. Il disco che vado a recensire rappresenta a parer mio l’apice del loro secondo periodo, vale a dire quello iniziato nel 1999 con “Path Of The Weakening”.

Chi si ricorda lo splendido tris d’esordio (“Gradually Melted”, “Trading Pieces”, “Inbreeding The Anthropophagi”) dovrà rassegnarsi a sentire suonare un’altra band abituandosi ai nuovi Deed Of Flesh; il campanello di allarme è la produzione che smette di essere filtrata (in pieno Scott Burns Style) per diventare pulitissima e linda. Tra Spirito di Finezza e Spirito di Geometria il complesso sceglie il secondo. E arriviamo finalmente a “Reduced To Ashes”, cd veramente complesso, raffinato e tecnicamente ineccepibile ma privo di quella feroce passione che caratterizzava i primi lavori. Tutte le otto tracce sono maledettamente ragionate, tanto da arrivare al culmine di “The Endurance”, canzone di undici minuti (niente intro o cagate ambient, undici minuti di Brutal Death!) nato con l’intento (di poco non conseguito) di non ripetere mai due volte il medesimo riff. Il risultato è semplicemente geniale e vale ai nostri il titolo di Megalopsukoi del Brutal Death, ma al di là dell’infinita difficoltà di questo pezzo resta ben poco. Resta la freddezza della musica studiata a tavolino, resta la freddezza di un progetto ambizioso pensato per essere ambizioso e basta. E questa ciclopica song non è altro che lo stendardo di tutto il disco: si parte con “Reduced To Ashes” e il resto seguirà in maniera abbastanza liscia ma con la rigidità di una serie di numeri binari. La tecnica rasenta l’impossibile e sfida tutti quella di tutti glia altri “big” del Brutal Death. Il riffing è intricatissimo, ricco di passaggi assurdi e degno dei migliori Hobbs-Cerrito (celebre duo chitarristico dei Suffocation). Considerando anche che il cantante chitarrista non ha un compagno ma fa tutto da solo, si può capire il talento di costui, ottimo vocalist oltre che strumentista; le sue partiture però sono, passatemi il termine, “snob” nel senso che si distinguono da tute le altre per un certo senso di superiorità che vuole trasparire in ogni momento. Più quieto invece il batterista, una specie di Clockwork Drummer (come sono simpatico oggi), un orologio con mani, piedi e bacchette che non sbaglia un colpo e riesce a creare controtempi (che è un insulto chiamare controtempi) e giochi di prestigio incredibili. La pulizia del suo drumming è esagerata, distaccata, priva di qualsiasi impulso e decisamente glaciale. Raramente, come in “Human Trophies”, si può godere di un po’ di groove, qualche passaggio un po’ più coinvolto e coinvolgente. Ma in tutto il resto dell’album le uniche cose che restano naturali sono i vocalizzi del cantante e del bassista (growling di diverse tonalità nonché alternanze tra growling e screaming) che invece rinuncia a qualsiasi tipo di creatività per auto confinarsi in una esecuzione precisa ma noiosa. Atmosfera? Una parola che suona come una barzelletta…Così come i testi dei Deeds Of Flesh parlano in modo assolutamente asettico di questa o quella tragedia, di questo o quell’assassino, la loro atmosfera si risolve in un’operazione matematica.
Nonostante ciò, “Reduced To Ashes” è di un livello qualitativo eccellente che gli farebbe meritare il massimo dei voti se non fossi così esigente sulla spontaneità della musica; grande prova di una band ormai “refrattaria” (un po’ come i Cryptopsy dell’era Di Salvo), che non mette più il cuore in quello che fa ma solo la ragione. Ma la ragione c’è, ed è tanta: “Reduced To Ashes” è un Brutal Death asessuato, la carneficina di un ragioniere.

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