È il 16 agosto 2019 e una notizia che non si vorrebbe mai ricevere squarcia il monotono tran tran quotidiano : all'età di 79 anni muore l'attore statunitense Peter Fonda. Quando lo appresi fu non solo come rendersi conto del tempo che passa e della conseguente fugacita' della giovinezza, ma anche fu come provare quell'esperienza definita come "madeleine di Proust" e quindi ricordare una sensazione precisa in un luogo determinato provata nel tempo lontano della mia acerba giovinezza Precisamente avevo solo 10 anni e, trovandomi nella località marittima di Cattolica nell'estate 1969 con i miei genitori e relativi amici, sostavo nel salone di un bar adiacente ad un'arena cinematografica (chissà se ancora esistente, non passo più da quelle parti da decenni ormai..). In quel vasto spazio immerso in una abbacinante luce estiva il mio sguardo curioso si posò su una grande locandina cinematografica (così si usava allora. .) affissa ad una parete e ne rimase colpito. C'era disegnata l'effige di Wyatt Captain America (il personaggio interpretato da Peter Fonda) mentre osservava un paesaggio montano dell'entroterra statunitense e il manifesto recava il titolo "Easy rider. Libertà e paura" a cui si aggiungeva la frase "Un uomo è partito invano alla ricerca dell'America". Fu soprattutto quel "Libertà e paura" a rimanermi impresso e si sa che in giovane età possono essere i particolari cosiddetti secondari (ma poi non così a tutti gli effetti come emergerà) ad accendere l'immaginazione. A ciò si deve aggiungere l' atmosfera generale di quel periodo storico (a fine anni 60) ricca di energie artistiche (e non solo) che non poteva lasciare indifferenti anche chi come me non era ancora entrato nella maggiore età.

Sta di fatto che "Easy rider" (che riuscii a vedere per la prima volta anni dopo, nel 1978 per la precisione) resta ancora oggi il film più rappresentativo di quel frangente storico a cavallo fra gli anni 60 e 70. Ispirato, per stessa ammissione del regista Dennis Hopper, all'intreccio del film "Il sorpasso realizzato da Dino Risi nel 1962, è un tipico road movie, a basso costo , girato in presa diretta con tre attori protagonisti (Dennis Hopper, Peter Fonda e un Jack Nicholson in stato di grazia nelle vesti di un avvocato di nome George Hanson, di buona famiglia ma ribelle ed incline a scolarsi qualche goccetto di whisky) impegnati a vivere avventurosamente sulle strade della profonda America. Uscito il 14 luglio 1969, riscosse un tale successo da divenire il film dell'anno.

La trama è veramente semplice. Wyatt (Peter Fonda) e Billy (Dennis Hopper) acquistano un consistente quantitativo di cocaina in Messico, per poi rivenderlo negli States. Con la somma ricavata, dopo aver acquistato due appariscenti moto choppers, intraprendono un viaggio coast to coast a ritroso negli States (dalla California a New Orleans) per poter assistere ai festeggiamenti del Mardi Gras. Il film costituisce il resoconto di questo viaggio (sulle note di una memorabile colonna sonora rock) , nel quale i due unitamente poi all 'avvocato Hanson non solo incontreranno comunità di hippies dediti anche all' uso di stupefacenti e alla vita disinibita all'insegna dell'amore libero, ma finiranno poi per provare direttamente sulla propria pelle l'astio e l'avversione provata nei loro riguardi dai cittadini regolari della cosiddetta maggioranza silenziosa (facili all'uso di armi da fuoco ).

Nel film sono ricorrenti i presagi di morte incombente su questi moderni picari. Lo stesso Wyatt , a Billy che si ritiene convinto della loro condizione di giovani privi di preoccupazioni, ribatte che "Siamo fregati" (forse ne era consapevole alla luce di quanto affermava in quel tempo il filosofo marxista Herbert Marcuse per il quale" Flowers have no power "ovvero gli hippies non sarebbero mai riusciti a rovesciare il sistema capitalistico).

Ma ancor più significativo è il dialogo tra Hanson e Billy . Mentre quest'ultimo pensa che chi diffida di persone come loro sia solo motivato da timore, Hanson ribadisce quanto vale la pena citare per esteso :

"Si' ma non hanno paura di voi, hanno paura di quello che rappresentate"

"Ma quando mai ? Per loro noi siamo solo della gente che ha bisogno di tagliarsi i capelli "

" Ah no. Quello che voi rappresentate per loro è la libertà "

" Che c'è di male nella libertà? La libertà è tutto ""

"Ah sì è vero :la libertà è tutto, d'accordo Ma parlare di libertà ed essere liberi sono due cose diverse. Voglio dire che è difficile essere liberi quando ti comprano e ti vendono al mercato. E bada, non dire mai a nessuno che non è libero, perché allora quello si darà un gran da fare a uccidere, massacrare per dimostrarti che lo è. Ah certo, ti parlano e ti parlano e ti riparlano di questa famosa libertà .. "

Inutile dire, per tutti coloro che hanno visto il film, quanto siano premonitrici queste parole alla luce dell'epilogo tragico del viaggio dei tre .

Ma dato per acquisito il valore storico della pellicola (sicuramente un fatto fondante per un'intera generazione meglio nota come quella dei baby boomers) e' semmai il caso di chiedersi se oggigiorno, in pieno ventunesimo secolo , ci sia ancora un messaggio veicolato dall'opera in questione che possa attrarre i moderni che potrebbero guardare all'epoca di quei fatti come si trattasse delle famose guerre puniche. Se è chiaro che la trama ruota intorno all'anelito di libertà che è connaturato all'essere umano (qui declinato come propensione non solo ad apparire liberi ma anche a vivere liberi da restrizioni mentali e sociali) , il pensiero non può correre all'epoca attuale, intrisa di restrizioni di forza maggiore a seguito di un 'inattesa pandemia sanitaria. Ma deve confortarci anche il pensiero che, dato il progredire ciclico della storia, potremmo poi trovarci a rivendicare ex novo delle libertà smarrite per strada, proprio per l' insopprimibile desiderio di emanciparsi da condizioni di vita avvertite come intollerabili . E proprio per questo riguardarsi ogni tanto "Easy rider" non guasta (e non è solo un fatto di nostalgia per i nostri migliori anni passati..)

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