Ci sono film in cui la realtà è così devastante e struggente da diventare quasi finzione, quasi come se fosse un evento tragico e profondo. "Good Women Of Bangkok" è uno di questi.
perché qui si racconta una storia vera, che ha risvolti così melodrammatici da apparire quasi una montatura, una messa in scena come trovata pubblicitaria.

Un regista (lo stesso Dennis O'Rourke, grande regista di documentari), dopo essere stato lasciato dalla moglie si dirige a Bangkok per trovarsi una prostituta e girare un film sulla sua vita.

Il punto di focalizzazione riprende una donna, Aoi (nome d'arte che in Thai significa "Dolcetto" o "Canna da zucchero"), che parla della sua vita travagliata, del bisogno di soldi per salvare la sua famiglia, dell'odio verso il sesso maschile che la obbliga spesso in sesso estremo e violento.

Notiamo il suo profondo dolore verso questo lavoro così umiliante, dietro al suo rossetto rosa fluo, gli occhiali a montatura spessa e la pelle scura. E questi momenti così drammatici carichi di vergogna, vengono inframmezzati dalle poco gentili dichiarazioni dei clienti thailandesi e stranieri (australiani, giapponesi, americani): "nessuno fa i pompini come lei".

Il talentuoso regista australiano sintetizza in soli 80 minuti un vero e proprio pugno allo stomaco, a volte tenero e struggente, altre volte disturbante e crudo, come la vita di una prostituta, quella di Aoi.

Con la telecamera sempre in mano, O'Rourke la spia anche mentre mangia gli spaghetti o mentre parla con un'amica, mostrando che in realtà lei è una donna normalissima, come tutte le altre.

Inquadrature semplici, montaggio avvolgente, recitazione spontanea e a tratti avvincente per un film interessante e particolare, che merita di essere visto in tutta la sua integrità.

Basta lo sguardo perso, stranito e seducente di una Aoi che ha perso tutto e che sacrifica sé stessa per aiutare i suoi cari per sentirsene elettrizzati, per sentirsi vuoti dentro, provando pena e dolore per lei e per tante altre donne che si riducono in tanta miseria.

I colori fluttuanti delle discoteche anni '90 thailandesi, la musica house truzza, le ballerine-prostitute con seno nudo che danzano selvagge tra i turisti malandrini si mescolano così con la povertà delle campagne, la cruda realtà che si nasconde dietro lo sguardo di una donna persa, estranea di un mondo dove il sesso in commercio regna sovrano, sovrastando anche l'amore e i sentimenti umani più puri.

Ma "Good Women Of Bangkok" non è solo un documentario sulla prostituzione (quello che voleva realmente essere), ma una storia d'amore. Più il regista filma la sua attrice e più se ne invaghisce, arrivando a spingerla a smettere, di pensare più a se stessa che ai suoi cari.

Ma lei, con il suo sguardo di cerbiatta ferita sussurra dolcemente: "Mi dispiace, è il mio destino" .

Da vedere assolutamente, con un pacco extralarge di fazzolettini.

 

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