Sovente, quando un genere musicale risulta particolarmente apprezzato (vedi Thrash Metal negli ani '80), esso tende a diventare (causa sfruttamento intensivo del suddetto) stantio e sterile, incapace di innovare ma capacissimo di saturare le palle di chi si trova costretto a sorbirsi ore di triplette di cassa, cavalcate in tempi dispari, urletti di circostanza etc...
Orbene, ammetto di essermi sollazzato parecchio durante gli ascolti di questa musica (che amo), ma ad un certo punto ognuno sente l'esigenza dell originalità e quindi... Sapete che faccio? Mi ascolto i Depressive Age, gruppo teutonico che esula dalla proposta (un po ignorantona) dei loro conterranei e si inventa una versione tutta particolare del Thrash, miscelandone la carica e potenza con un uso saggio e mai stucchevole della melodia, creando una sorta di ossimoro sonoro dal notevole impatto.
Scorrendo con l'ascolto, ci si trova quindi prima travolti da un riffing mastodontico, per poi trovarsi cullati da dolci arpeggi accompagnati quasi con timore dalla sezione ritmica per poi ritrovare chitarre granitiche, affilate come rasoi che lasciano successivamente il posto a situazioni folkloristiche che credetemi spiazzano ad ogni ascolto; non ultima, va inoltre ricordata la piacevolissima prova canora dell' istrionico Jan Lubitzki che offre una performance di rara qualità sia per l' interpretazione davvero personale che per la sempre più rara capacita di permeare profondamente all' interno della trama musicale.
Un album stupendo, forte, malinconico...Vi basta?
omegate
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