Ad appena un anno di distanza dal precedente lavoro solista torna in grande stile Derek Sherinian affiancato da una Kermesse di musicisti impressionante: Allan Holdsworth, Steve Lukather, Steve Stevens, Zakk Wylde e John Sykes si alternano alla chitarra, alla batteria Simon Phillips e Brian Ticky, mentre al basso troviamo Tony Franklin, Marco Mendoza e Rufus Philpot.
Premesso che Sherinian è un ottimo tastierista – non a caso sia i Kiss che Alice Cooper lo hanno voluto in tournée – il disco, come era facile prevedere, è incentrato sulla chitarra e sulle "prestazioni" dei signori citati sopra.
Holdsworth apre le danze, intervenendo a 3'33" dell’iniziale "Day Of The Dead"; suono e tocco ovviamente "alieni", quello che sorprende è la disinvoltura con cui si muove su un terreno per lui inusuale, inserendo, con la consueta naturalezza, fraseggi outside su riff Nu Metal!
Si prosegue con "Alpha Burst" e "God Of War", dove risuona l’eco dei Dream Theater, con Stevens e Wylde che si scambiano… l’ascia. Stevens imbraccia la classica in El flamenco suave e regala un solo da brivido; Lukather risponde fraseggiando su "Goin’ To Church" con un feeling incredibile.
La vera "chicca" dell’album arriva però con "One Way Or The Other": un tributo al jazz-rock degli anni '70 – Soft Machine, Gong, Colosseum, fate voi - di cui Allan Holdsworth e Jerry Goodman (ospite nel pezzo, al violino) dimostrano esserne stati i pionieri. In tono minore la melensa "A View From The Sky" e "The River Song", l’unico pezzo cantato; per il resto il disco è assolutamente imperdibile!
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