Lo spessore del progetto Devo è immenso. Un abisso, un'istituzione.

Consapevoli del cambiamento dello stile di vita sociale, l'uomo meccanico, la tecnologia e l'incubo "modernista" sono sempre più forti. Gli anni Ottanta sono un periodo di transizione, sono la base per tutti i mali prodotti negli anni Novanta, ma possessori anche di quella speranza irripetibilmente unica. E' quell'estro che Byrne & Co. hanno esplicato dopo la scossa Kraftwerk.

Il primo e colossale disco d'esordio è la casa di "Mongoloid", "Jocko Homo" e di tutta quella plasticità irresistibile.

La forma canzone aveva già subito mille trasformazioni..si era passati in cinque o sei anni dal kraut alla new wave, registrando all'inizio degli Eighties il momento clou della "nuova onda". Oltre i zuccherosi Cars e i tastieroni degli Ultravox, a farci capire che i Devo non sono una meteora escono le galattiche "Freedom Of Choice", "Girl U Want", "Peek-A-Bo" e "Time Out For Fun". Le loro idiot song Zappiane mescolate nei tasti bianchi e neri e nei divertenti drum kit non possono scomparire.

Infatti il quarto lavoro, datato 1981, prende il nome di "New Traditionalists", ma di standard non vi è proprio un bel niente. Alla fine ogni artista deve arrivare a uno scopo universale: comporre melodia, suono, sequenze, armonia, frequenze. Con i Devo si riesce a volare sui meccanismi schizoidi di questi cinque alieni.

A sorprenderci è il rock'n'roll electro di "Through Being Cool" e l'incalzante "Jerkin Back 'N Front". I livelli si alzano decisamente però con "Going Under", dove ci immaginiamo un Joey Ramone trasportato nella navicella Devo e smussato dai pattern electro.

Ma è "Beautiful World" ad essere il vertice assoluto del lavoro. Anche se non c'entra niente mi incuriosisce molto pensare se l'avesse composta Byrne.. Ah, ma che dico..qua non ci vengono neanche in mente i Talking Heads. Non ci fanno rimpiangere niente.

"It's a beautiful world, for you

It's a beautiful world, not me"

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