"Portami via, via dalle lacrime
Da questa sala di grigie stalattiti
Verso cristalli di luci abbaglianti
Ed io tremo con la fragilitá di nuove seduzioni
Con i capelli pregni di liquida tristezza
E gli occhi che bruciano sottomessi
Lasciami ammirare voli intonsi
Di gufi bianchi e pernici delle nevi
Abbandonami nel castello di ghiaccio
Per baciare avidamente labbra solinghe
Con lo sguardo proteso verso l'occhio eterno..
Il sole invernale che scioglie le cascate d'inquietudine
Come un fiume di passione ardente nei giorni piú bui.."
Un bagno di delicatezza sonora arpiona dolcemente il cuore lasciandolo battere all'impazzata solitario. "The Black Flower" é il canto dei vinti, il lamento che invece di gridare barbaramente vendetta fluttua sinuoso nei meandri di pensieri e sogni persi per sempre, una vanga dal manico intagliato in una malinconia insopportabile pronta ad affondare nella terra bruna dei mesi piú gelidi.
Si scende nella galleria delle immagini sfuocate con la voce di Kristian Whålin, profonda come un un tunnel di velluto nero, zuccherata dalla nostalgie dell'amore mai conosciuto ma capace di diventare baritonale e pallidamente tenebrosa nei momenti intrisi di cupezza. L'ugola del singer nordeuropeo duetta con chitarre acquose, trascinate verso l'oblio da eteree nenie nebbiose, distorte, contorte, dissonanti ed abbracciate a ritmiche immobili, stanche, ripetitive.
Nella festa della timidezza sonora si intromettono partiture che affondano in desideri amorosi, sguardi femminili riflessi nella purezza di pozzanghere primaverili, tenerezza di matrice dream-pop che si aggrappa disperata alla trame dark-rock/metal che portano il quartetto di Götebörg vicino alla perfezione. Le tastiere leggiadre di "Yesmine" accennano una fredda carezza di compassione a tunes di chitarre melmose, aprono la strada alla voce del grafico-pittore scandinavo che intona l'inno nazionale degli sconsolati, lacrimante per la figura seducente di donna sfuggente e intollerabilmente affascinante.
Nella ventosa "Eternal Summer" i Diabolique raggiungono il pinnacolo emotivo, ci lasciano soli nei cieli plumbei di fine Agosto, soli nella pioggia che scroscia, tintinna, batte sulle ferite di nostalgie per un passato sorridente ma perso, protesi verso nuvole nere di tempeste polari. L'arpeggio grida veemente, crolla sui riffs appena accennati, si dimena tra le melodie ardenti e si spegne nel silenzio autunnale.
"A golden girl from somewhere"...il sogno di boccoli bondi, il cristallo di occhi verd'azzurri che lascia senza respiro, senza spazio, senza lacrime. E le unghie raschiano nel terra grezza mentre la mente viaggia sulle armonie di una ballata neoromantica elegantemente avvinghiata a sentimenti traditi.
Scendete nel grigiore dell'amore imbevuto di morfina che attenua i singhiozzi sonori di questa creatura gotica avvolta in eriche rossastre, non ve ne pentirete.
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