Diamanda Galas, se la senti anche solo una volta, non la dimentichi. Una voce che esprime tutti gli abissi dell'animo umano, e ancora, una voce che strida le pene dell'inferno in terra, e ancora, una voce in grado di stendersi per quattro ottave con uguale potenza, limpidezza e cupezza assieme. "Diamanda Galas", diceva qualcuno, " non è per tutti", tanto sono difficili, intensi e indigesti molti dei suoi lavori (lo splendido "Vena Cava" su tutti, comunque al limite dell'inascoltabilità). "ma tutti dovrebbero ascoltarla".
Diamanda Galas è una vera artista, non è solo una cantante, è un'artista contraddittoria, e complessa, che come tutti i grandi artisti, sa scuotere la parte piu' profonda dell'animo di una persona. Dopo aver defezionato la data estiva di Bologna, con un affettuoso pensiero al pubblico italiano, Diamanda è tornata in Italia per due date in teatro, in cui presentava il suo spettacolo "Guilty guilty guilty", canzoni e ballate di amori e omicidi. Ballate di morte. Questo è il massimo del pop che Diamanda vi concede. Il teatro è gremito, si spengono le luci e il palco si colora di rosso sangue (e di che colore, sennò?), e Diamanda entra, vestita da sera, lunghi capelli neri, come una diva d'altri tempi. Si siede dentro il pianoforte a coda e inizia a cantare "I am empty/without you babe..." è un blues catacombale, assoluto, la voce è grave, e poi spicca in acuti che lancinano le orecchie. Ma del resto, il blues potrebbe essere meno di questo? Insomma, quando si cantano gli struggimenti, non lo si può fare a cuor leggero, e Diamanda sa esprimere dentro di sè, tutta la sofferenza del mondo, e in una maniera che atterrisce. Le canzoni si susseguono, e io neanche so i titoli, perchè il blues, dico quello vero, quello che ha un che di luciferino, di beffardo, quello che contempla ridendo gli affanni degli uomini, chi l'ha scritto? Tutti o nessuno. L'intensità dell'interpretazione di Diamanda Galas è straordinaria, alcuni dicono che è come se fosse la Callas di ritorno dall'inferno, ma per me è Medea, è il ventre della terra, è qualcosa di unico. E la sua voce è un mostro che le divora la gola, è un prodigio e una maledizione. Lascia tutti di sasso.
Il concerto finisce con una canzone di Edith Piaf, suonata con la cattiveria e la malinconia che la sua interprete originale avrebbe sicuramente apprezzato, e poi la signora esce, salutando con la mano. Il pubblico inizia a battere le mani e a gridare il suo nome, e allora lei, esce e raccoglie i fiori che le hanno lanciato sul palco, si inchina, e se ne va. Ma il calore del pubblico è così grande che ci regala ancora due canzoni. Si riaccendono le luci, alcune persone si alzano, e se ne vanno, ma gli irriducibili rimangono a gridare il suo nome, per dieci lunghi minuti. Lei non è una cantante, è una diva, e si deve far desiderare. Allora esce, si inchina, si siede e intona la canzone dell'inizio "I am empty/without you babe"... un ragazzo tra il pubblico, mentre canta, le urla "we love you". E Diamanda, cambia l'ultima strofa, e sussurra "I love you too". Che momento. Che artista. Che donna.
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