Ciao a tutti, ragazz_ di Debaser, ben trovati!

Sono tornato qui da voi, dal mio buen ritiro dove sto svolgendo una cura riabilitativa con dosi massicce di cinema tedesco - Pabst, il mio mentore Erick Von Stroheim, Fassbinder - come quei vecchi vicini di casa che, passando accidentalmente davanti al vostro campanello, bussano per vedere come state, vi portano un cordiale ricordo dal passato svanito, dicendovi con ipocrisia quanto state bene e quanto siete rimasti uguali, anche se poi pensano l'esatto contrario.  O come quanto tornate alla scuola superiore durante gli anni dell'Università: sperate che il bidello sia "sempre lui" (semper lü), quello che vi faceva fumare in bagno, invece vi trovate davanti un vecchio che spera di arrivare alla pensione in condizioni fisiche almeno discrete.

Sic transit gloria mundi, come amo dire, fermo restando che il Vostro Il_Paolo dice quello che pensa: e vi trova forti e gagliardi anche se non è più parte della vicenda e il sito va avanti senza di lui, come un treno continua a correre senza passeggeri, un auto continua ad andare anche dopo il cambio di proprietà.

Bando però alle ciance, e, per giustificare questa mia visita di cortesia, prendiamo abbrivio da uno dei film da me sottovalutati nel corso della mia vita, rivisto però, a mo' di espiazione, tre o quattro volte nell'ultima estate, e piccolo crocevia delle cose e dei posti che più amo al mondo: trattasi de "Il Commissario Lo Gatto" di Dino Risi ('87), ultimo lavoro davvero graffiante del compianto regista milanese e miglior film dell'altrettanto adorato Lino Banfi; ad avviso di uno che se ne intende come me, addirittura più efficace qui che nel lodatissimo "L'allenatore nel pallone".

La trama flirta con il giallo d'ambientazione mediterranea a tinte sociopolitiche di Manuel Vasquez Montalban e dell'allora semisconosciuto Camilleri, declinandolo al "ciuri ciuri" o ai cannoli siciliani, speziati di vicende che rimandano alla nobilità decadente spagnoleggiante di De Roberto, del principe Tomasi (ho visitato pure casa sua una volta), come pure all'ironia sociopatica di Brancati, una storia che mescola sesso e sangue: Lo Gatto, trasferito d'ufficio ed a scopi larvatamente punitivi nella dispersa Favignana, indaga, assieme al proprio vice Griselli (uno splendido Maurizio Ferrini) sulla presunta morte di una bellissima donna dalle rosse chiome (Isabel Russinova), intersecando il bel mondo vacanziero, le ambizioni cronachistiche del reporter sabaudo-pugliese Vito Ragusa (un ottimo Maurizio Micheli), la vita del paesino, prima sonnolenta, poi esplosiva come il sole caldo dell'estate, tra nobili borbonici (bella caratterizzazione del bravo Galeazzo Benti, il Fernando Rey italiano), zitelle trinariciute finto perbeniste con il fuoco che cova dentro secondo il classico mood siciliano (le mitiche sorelle Patanè!) e varia umanità, come il barbiere, il prete di paese, i carusi del bar.

Taccio sull'epilogo del giallo, che presenta, come tutti i piccoli capolavori di lungimiranza, un qualche collegamento con la nostra attualità italiana (peraltro la stessa Russinova è l'ex moglie di Igor Marini!) e con alcune storie da camera da letto che hanno reso così atipico e movimentato il nostro 2009, soffermandomi sulle cose che rendono questo film un autentico caposaldo della mia cinematografia "minore".

Il pregio principale del film è quello di abbandonare la comicità volgare, all'insegna di una commedia degli equivoci sofisticata, divertente, ed a tratti poetica, soprattutto nei rapporti che il Commissario Lo Gatto viene ad avere con i suoi principali compagni di scorribande: l'agente Griselli e il cronista Ragusa.

Con quest'ultimo, Lo Gatto si pone in una posizione competitiva, avendo ambedue l'ambizione di un ultimo rilancio di carriera scoprendo gli inghippi che stanno dietro l'omicidio della donna dai capelli rossi, ed al contempo solidaristica, con la tipica solidarietà dei loser e dei perdenti: molto riuscito il dialogo al ristorante delle Patanè, con l'agnitio delle comuni origini pugliesi abilmente celate dal finto torinese Ragusa. Lo Gatto e Ragusa, ambedue cercatori frustrati di verità nascoste, finiscono per essere l'uno lo specchio dell'altro, in uno sdoppiamento che ripropone i classici topoi della miglior commedia dell'arte.

Ancor più interessante è, peraltro, il rapporto che si instaura fra Lo Gatto e Griselli: Ferrini pronuncia la migliore battuta del film quando, vedendo all'opera il Commissario, egli esclama "cominciavo a capire il significato della parola carisma", individuando nel proprio superiore un vero e proprio modello di comportamento, un soggetto da imitare ed emulare, come, implicitamente, un surrogato della figura paterna (non casuale la somiglianza fra i due). La coppia non funziona tanto in chiave investigativa e comica - migliori, in tale prospettiva, il Commissario Auricchio e De Simone in "Fracchia la belva..." ('81) - quanto come protagonista di una storia nella storia, con contrappunti che possono ricordare i Silva e Lituma protagonisti di un bel romanzo breve di Vargas Llosa, "Chi ha ucciso Palomino Molero?", anch'esso, non a caso, un giallo d'ambientazione esotica e marina.

Andando - purtroppo per noi - a concludere, vorrei infine rimarcare l'intelligente trovata di Risi, evidentemente buon lettore di Faulkner, di spezzare la storia in più voci narrative, non tanto per prospettare differenti punti di vista di una realtà complessa e priva di significato univoco, quanto per amplificare, come una polifonia, profondità e ritmi della commedia, ed obbligando lo spettatore a percepire le tante sfumature della storia e dei colori della bella Sicilia.

Detto ciò, vado a salutarvi mentre il mio grammofono trasmette un vecchio vinile e gli Stranglers mi chiedono "Whatever happened to all the heroes?".

Cari Stranglers, Lino Banfi è noto alla generazione dei più Giovani come "Nonno Libero", Ferrini, dopo aver messo pessimi abiti femminili, dissipò se stesso nell' "Isola dei Famosi".

E questo, cari miei, non è come ritornare dai vecchi vicini di casa, o dai vecchi bidelli, e non riconoscerli più, fingendo di trovarli bene?

Riconoscentemente Vostro,

Il_Paolo

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