Nel mondo dell'Hip-Hop, trovarsi tra le mani le tristemente note compilations, che ormai affollano gli scaffali dei negozi di dischi, è cosa che fa storcere il naso a più di un appassionato del genere. Nella maggioranza dei casi, ci si trova di fronte a selezioni scialbe e prive di mordente, ad accozzaglie di artisti diversissimi tra di loro, a prodotti dispersivi e dalla qualità fortemente altalentante, insomma.

Fortunatamente, le cose non vanno sempre allo stesso modo. Può capitare, infatti, vuoi per il sound omogeneo a fare da collante, o per l'alta qualità degli ospiti che si alternano al microfono, che il prodotto sia assolutamente valido, pronto a soffisfare anche i palati (e le orecchie) più attente ed esigenti.

Un personaggio come DJ Honda, insieme ai suoi lavori, può essere collocato a pieno titolo nella sopracitata categoria. Nato ad Hokkaido, il nostro si trasferisce a Tokyo all'età di 17 anni, e lì comincia a sviluppare pienamente la sua passione per la musica. I suoi inizi di carriera sono totalmente diversi: Honda compare come vocalist e chitarrista dei Clique, formazione influenzata dal Rock made in USA, e lontana mille miglia dalla black music e dall'Hip-Hop. Ben presto, tuttavia, nasce la passione per il turntablism e la DJ-culture, e il passo successivo è vicino e quantomai intuibile: cominciano a moltiplicarsi le presenze del neo-DJ nei locali più "cool" del Giappone, con le sue apprezzatissime selecta a base di Hip-Hop newyorkese, Funk, e Soul.

Dopo l'omonimo album di debutto "DJ Honda", pubblicato nel '96, sua prima prova in veste di beatmaker piena zeppa di ospiti di ottimo livello, e rivelatrice di gusti profondamente East-oriented, nel '98 arriva il suo secondo disco/compilation, simbolicamente intitolato "HII" (un po' di fantasia in più non sarebbe guastata....). La seconda fatica di DJ Honda è senza dubbio la più riuscita, fino ad oggi, un lavoro privo di grandi effetti speciali, che, puntando su un sound strettamente newyorkese ed "East", e su featuring talvolta clamorosi, riesce a raggiungere il suo obiettivo pienamente, senza stancare mai ad ogni nuovo ascolto.

Dopo una spettacolare intro scratchata e prodotta da Roc Raida degli X-Ecutioners, ci si imbatte subito nelle atmosfere da Jazz-club fumoso, tutte a base di malinconici vibrafoni, della magnifica "Trouble In The Water", forte della presenza al microfono degli immortali De La Soul, seguita dalle serrate liriche di Black Attack, che accompagnano vocine e ipnotici campioni in "5 Seconds". La successiva e soffusa "Hai!" vede alternarsi al microfono due amichetti di Redman, nonchè membri della Def Squad, vale a dire 50 Grand ed il dotato Keith Murray, mentre in "Every Now & Then" non è la performance delle sconosciute Syndicate a coinvolgere (abbastanza sottotono), ma la base ultrafunkettona e tirata di Honda, ottima per una infuocata battle di freestyle a colpi di rime. Le prodezze di Mista Sinista ai piatti lasciano ben presto il passo alle liriche "conscious" dell'unico vero Teacher dell'Hip-Hop, mister Krs-One, in "Team Players", dove la performance del semisconosciuto Doe-V, insieme ad beat che mixa sapientemente drumming coinvolgente e suggestioni Jazz d'ambiente, non fa altro che aggiungere valore ad uno dei pezzi migliori del disco. Da applausi. Ottima per i club è "On The Mic", con tanto di riff di chitarra accattivamente, ritornello cantato, e solita sfilata di stars con relative rime al seguito (Cuban Link, Ju Ju dei Beatnuts, A.L., e i Missin' Linx!), mentre "For Every Day That Goes By" lascia spazio alle strofe dei Rawcotics, suggestive e malinconiche, al pari della base di Honda. Ottima.

Ancora un interludio, questa volta volta dominato dai vocioni dell'eroe dell'underground radiofonico Stretch Armstrong e di Lord Sear, prima di "Who The Trifest?", che vede impegnati Ju Ju e Psycho Les, in arte The Beatnuts, in un pezzo dall'atmosfera straniante, quasi mistica, che forse poco si adatta al loro stile, ma che comunque risulta incisivo e ben costruito. Ritornano i Missin' Linx, prima Al' Tariq in "Talk About It", underground al punto giusto, poi il grande Black Attack, che in "Blaze It Up" mette il suo flow scorrevole e musicale al servizio di un bel beat spezzato e pesante al tempo stesso, con un bel ritornello cantato ad ammorbidire e completare il tutto. Altro breve skit scratchato, questa volta da DJ EV, prima di dirigerci verso la parte conclusiva dell'album, dove spiccano le dure lyrics di S-On in "Go Crazy", seguite da quelle più intime e riflessive di Problemz nella splendida "Around The Clock", e quelle decisamente da intrattenimento di No I.D. e Dug Infinite in "When You Hot You Hot", con un megabeat tutto archi e percussioni, forse il migliore dell'intero disco. Ancora un veloce interludio, prima di "Travellin' Man", gioiello conclusivo nonchè singolo tratto da "HII", con un Mos Def in splendida forma, che alterna rime e vocals con facilità disarmante, degna conclusione ad un lavoro compatto e privo di cali vistosi per tutta la sua durata.

Questo è, in sintesi, "HII", un prodotto senza dubbio da apprezzare per la sua grande scorrevolezza e consistenza al tempo stesso, un disco privo di eccessivi trucchi ed effetti speciali, forse troppo "standard" per gli ascoltatori sempre avidi di novità, ma che, offrendo una ricetta ben collaudata, non fallisce nel suo scopo. Complimenti a DJ Honda, insomma, e un invito a riscoprire un album, che il passare degli anni non fa altro che rendere più interessante ed appetibile.

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