Credo che avere la terra e non rovinarla sia la più bella forma d'arte che si possa desiderare.”

Diciamolo subito, così ci leviamo il pensiero: "Strange World," il sessantunesimo classico Disney, diretto da Don Hall. è stato, con ogni probabilità, il più grande flop della casa di produzione. A fronte di un budget di 180 milioni di dollari, il film ne ha incassati meno della metà.

Due problemi, il primo culturale, il secondo artistisco.

Problema Culturale

L'epoca streaming ha completamente cambiato il modello di fruizione delle opere filmiche, togliendo sensibilità "all'evento cinema" e proiettando ciò che rimaneva in una dimensione più casalinga. Ad acuire questo fenomeno, è sopraggiunta la pandemia. con tutte le incertezze economiche del caso.

Detto in parole povere, perchè andare al cinema, quando posso recuperarmi con calma e quando voglio un film, comodamente seduto sul divano di casa mia?

"Strange World" esce in un momento storico nel quale il cinema (struttura e arte) deve fare i conti con questo cambiamento, scendere a patti con una platea di spettatori che deve essere spinta con tutte le forze per uscire di casa e recarsi in una sala. Indurre curisiotà, far capire che il prodotto non potrà essere gustato in egual modo su uno schermo le cui dimensioni non raggiungono la media nazionale di lunghezza del membro maschile.

Bene, il film in questione non è riuscito a fare leva su quel tipo di emozione, portandosi a casa un incasso ai botteghini poco sostanzioso.

Problema Artistico

La sinossi è quella di un'incomunicabilità generazionale, sia sul piano puramente umano, che sociale.Protagonisti di questo confronto, sono i membri della famiglia Clade, con il patriarca Jaeger Clade, famoso e intrepido esploratore dedito all'avventura, il figlio Searcher, uno studioso incline ai comfort di una vita dai toni più pacati e il nipote Ethan, più affine al nonno che al padre. Sullo sfondo, un mondo tanto misterioso quanto affascinate, quello di Avalonia, che sta morendo: la forma naturale di energia utlizzata, il pando, sta esaurendo il suo potenziale, rischiando di mettere in crisi tutta la civiltà. Compito della famiglia Clade sarà quello di scoprire cosa sta minacciando il pando e trovare una soluzione.

Dunque il tema ecologico, rappresentanto nella maniera più didascalica e comprensibile possibile, che si intreccia con il dramma del quadro famigliare; il tutto su un variopinto e allucinato arazzo popolato da una fauna di bizzarre creature. Quella che ci viene offerta è dunque un'esperienza immersiva, che richiama i grandi classici di Verne e il più recente esperimento filmico di Cameron, "Avatar", rielaborati in una più calda e seducente ottica di animazione, con un character design che predilige forme morbide e rassicuranti, a fronte di una caratterizzazione forse troppo stereotipata, incapace di dare la giusta profondità.

Persino il tema famigliare, ampiamente snocciolato, risulta poco appetibile e chiuso dinnanzi ad una narrazione alternativa: c'è la tensione che sfocia nell'inevitabile momento di rottura con la prevedibile crescita e riappacificazione in extremis. Tutto già visto ed esplorato meglio, come accaduto nel precedente "Encanto", nel quale l'epopea famigliare si trovava a vivere più di un conflitto che sfociava in colpi di scena continui.

Degno di lode invece è l'utilizzo dell'inclusività, che resta giustamente un sottofondo e non il perno centrale della storia: Ethan è nero e omossesuale e questo, oltre a non generare alcun tipo di attrito, resta un semplice contorno.

Insomma, "Strange World" riesce nel ritrarre un mondo vivido e curioso, fallendo però nell'immortalare l'instantanea di una famiglia più delineata, capace di reggere l'intera trama, perdendosi nei consueti topos letterari tanto cari alla Disney.

Certamente un prodotto deludente, incapace di imprimersi nell'immaginario comune, ma comunque meritevole di un'accoglienza più calda da parte del pubblico.

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