Recensire un album dei Duran Duran non è una cosa facile. Non è facile se nel recensirlo si tiene conto di ciò che la band inglese è stata, grossomodo, nel periodo 1980-1995. E cioè un fenomeno mediatico, di stile, di look e, in minor misura, di musica. Per ciò che sono stati, i Duran Duran sono forse più odiati e guardati con una notevole diffidenza che il contrario. Viene spontaneo associarli al delirio isterico delle ragazzine negli anni ottanta o al look più o meno improbabile che assumevano, tralasciando l'effettivo valore (o pochezza, dipende dal prodotto musicale) della loro musica. Quindi cercherò di scrivere questa recensione (basandomi sulla versione di 9 tracce uscita in digitale) sulla base di quello che i Duran Duran sono oggi, e cioè quattro panciuti signori di mezza età che hanno da poco dato alle stampe la loro tredicesima fatica.
"All You Need Is Now" è indubbiamente un ritorno alle origini. C'è poco da dire: se paragonato ai precedenti lavori ("Red Carpet Massacre" e "Astronaut") questa nuova uscita discografica suona tremendamente '80. Nostalgia? Forse. Oppure si tratta semplicemente di una fortissima voglia di fare musica senza doversi confrontare con una major.
I quattro hanno rescisso il contratto che li legava alla Sony dopo il flop di "Red Carpet Massacre", e si sono praticamente auto-prodotti. Questo indubbiamente vuol dire maggior libertà compositiva ed espressiva. Il singolo apripista è proprio "All You Need Is Now". O piace, o la si detesta. Apertura quasi "industrial", sintetizzatori (si, proprio quelli del finto biondo Nick Rhodes) in primo piano. La voce di Le Bon attacca decisa, forse anche troppo. Ma al primo ritornello le acque si placano, e viene fuori tutto il sound 80 di questo lavoro. La title track è il brano che forse più di ogni altro rende l'idea di cosa sia questo disco: un tentativo (a mio parere discretamente riuscito) di fare ciò che i quattro sanno fare meglio. Ossia, recuperare il sound e lo stile delle origini verniciandolo però di modernità e contemporaneità. Perchè alla fine, siamo onesti, gli odiatissimi Duran Duran sono scopiazzati in lungo e in largo (Scissor Sister? The Ark? e quanti altri...).
"Blame The Machines", con la collaborazione di Kelis, è un pezzo graffiante, spigoloso. Personalmente non mi entusiasma, ma non fa nemmeno schifo. Seguono poi quelle che, sempre a titolo personale, sono le due tracce che preferisco. "Being Followed" è la sintesi tecnica delle abilità musicali degli ex Wild-Boys (si, perchè i Duran Duran suonano gli strumenti, e come musicisti sono pure apprezzati dagli addetti ai lavori. Per questo non vanno confusi con Take That, Boyzone e compagnia bella): John Taylor, provetto bassista, sostiene l'isterica batteria di Roger Taylor alla perfezione. La ritmica pulsante è adagiata sul velo che Nick Rhodes ha tessuto con le sue tastiere. E poi c'è la voce: Simon Le Bon sa ancora cantare, e qui si vanno a rispolverare tonalità dimenticate da un bel pò. Non va infine dimenticata la chitarra dell'ormai nuovo chitarrista del gruppo, tale Dom Brown (onesto erede di quel geniale Cuccurullo che nel 2000 venne licenziato, e si diede alla cinematografia hard. Andy Taylor, lo scellerato storico chitarrista, in questa circostanza non lo considero nemmeno). E poi c'è la classica ballata alla Duran Duran, quella "Leave A Light On" che già molti hanno etichettato come scopiazzamento della più celebre "Save a Prayer". A me non sembra. Questo è un brano sognante, onirico. A tratti metafisico. Molto bella.
Proseguendo nell'ascolto, ci sono quelli che, a mio avviso, sono i punti più bassi di questo disco. "Safe" e "Girl Panic", simili nella forma e nella struttura, si pongono come i ballabili dell'opera. Ritmiche simil-funky, la prima delle quali si avvale della collaborazione di Ana Matronic nel cantato. Ben suonate ma scialbe, e nulla più. "The man who stole a leopard" è invece un piccolo capolavoro. Surreale, mai scontata ne banale, è un gioiellino che va ascoltato più volte per apprezzarne la profondità musicale. Segue poi l'episodio più divertente dell'album, quella "Runway Runaway" che ricorda, a tratti, la mai dimenticata "Rio". Chiude il disco "Before the rain", pezzo di non facilissimo ascolto, ma proprio per questo assolutamente apprezzabile nella sua cupa evoluzione.
Conclusioni: possiedo diversi dischi dei Duran Duran, ma di certo non tutti. Questo, a tirar le somme, è un bel disco. Complice anche la produzione di Mark Ronson, autentico genio musicale. Personalmente apprezzo molto il fatto che i nostri abbiano ottenuto un buon equilibrio tra pop e rock. Una miscela che sicuramente farà la gioia dei fans più aguerriti, quelli delle origini. Potrebbe non dispiacere alle nuove generazioni, alla ricerca di nuovi riferimenti musicali che non siano i soliti "dinosauri" (ma rispettabilissimi) degli anni settanta. "All You Need Is Now" è un disco davvero ben suonato. Lo sconsiglio agli "afecionados" del rock più puro, che non avranno di certo bisogno del mio sconsiglio per non avvicinarsi a un disco degli "odiati" Durans. Ma se siete disposti al compromesso, allora compratelo pure. In fin dei conti questi Duran Duran sfornano dischi da 30 anni, e se hanno all'attivo milioni e milioni di copie vendute, non solo negli anni ottanta, un motivo ci sarà pure.
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